Palermo: l’opera di Wael Shawsky per riaprire la chiesa dei SS. Euno e Giuliano

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A Palermo riapre i battenti la chiesa dei SS. Euno e Giuliano, alla Kalsa, dopo anni di restauri. Una cripta ritrovata ospita una straordinaria istallazione dell’artista egiziano Wael Shawky, vincitore a Torino della I edizione del Mario Merz Prize: all’interno della sezione Arti Visive di BAM – Biennale Arcipelago Mediterraneo, promossa dal Comune di Palermo (Assessorato alla Cultura), “Al Araba Al Madfuna III” è un viaggio narrato in bilico tra storia e modernità.

Piccole ma importanti testimonianze della città storica tornano alla luce. Devastata dalla guerra, la chiesa dei SS. Euno e Giuliano è stata riaperta dal Comune di Palermo dopo lunghi restauri in occasione della mostra di Wael Shawky, visitabile fino al 12 marzo prossimo. Di impianto seicentesco, l’edificio con relativa canonica si trova nell’omonima piazza Sant’Euno (piazza Magione), nel cuore della Kalsa, dove secondo la tradizione sorgeva l’antico insediamento musulmano.

La chiesa è sempre appartenuta alla congregazione dei facchini e Seggittieri (portantini) che, costituitisi in Unione nel 1649, elessero a loro protettori i due santi. Nessuno, infatti, meglio di Euno e Giuliano, martirizzati ad Alessandria durante le persecuzioni di Decio, avrebbe potuto avere a cuore le sorti dei confrati. Il nobile Giuliano, non potendo camminare a causa della podagra, fu condotto in portantina da due schiavi cristiani dinanzi ai giudici. Uno dei due abiurò, l’altro, di nome Cronione ma noto come Euno, rimase fedele al Cristo e morì insieme al padrone.

Gli interventi di restauro, curati dagli architetti Beppe Barresi ed Enzo Rosario Mazzola e dall’ingegner Giuseppe Jaforte e finanziati sul finire degli anni Novanta dalla giunta Orlando, sono stati particolarmente impegnativi perché l’edificio si presentava come “un guscio vuoto” e ha richiesto pertanto vere e proprie ricostruzioni realizzate con tecniche storiche.

L’edificazione della Chiesa fu iniziata nel 1651. Nell’arco campanario del prospetto si legge la data 1658, probabile anno di ultimazione dell’opera o della sua consacrazione. Sulla facciata sono ancora visibili i fori di proiettile lasciati dai soldati borbonici durante la battaglia di Palermo. Quando un gruppo di patrioti palermitani fu salvato dall’arrivo dei garibaldini. Il vicolo dei risorti che costeggia il lato della chiesa verso la via della Vetriera ricorda l’episodio, che peraltro è ricordato anche nel Gattopardo di Visconti. Le immagini del film sono state girate proprio davanti alla chiesa.

L’interno della cappella ha un’unica navata con due altari laterali e un arcone che delimita l’area dell’altare maggiore, non più esistente. Il restauro di quanto rimasto dell’apparato decorativo, attribuito alla bottega di Procopio Serpotta, si deve a Serena Bavastrelli. Ma il manufatto più interessante venuto alla luce durante il restauro è la cripta, articolata in eleganti loculi e nicchie, tutti volute e cuscini, per l’esposizione dei corpi dei confrati, secondo il gusto barocco della contemplatio mortis. Per realizzarla i poveri portantini sicuramente non badarono a spese.

Durante i lavori la cripta è stata dapprima svuotata dal fango commisto a ossa, che sono state accuratamente raccolte e riseppellite in loco. Successive esplorazioni hanno rivelato sia la camera degli scolatoi per la preparazione delle salme, sia l’estendersi della cripta al di sotto della piazza di cui si era persa la memoria. Il faticoso restauro, che si è dovuto misurare anche con sfregi e intimidazioni criminali, ha infine restituito alla città un piccolo gioiello completo in tutte le parti che ne articolavano la funzione: la chiesa con la sua piccola cantoria, la canonica e la cripta con il suo sistema di preparazione prima e di esposizione dei morti.

“Abbandonata dalla modernità, recuperata dalla contemporaneità, SS. Euno e Giuliano è un esempio di recupero e di dialogo con il territorio – dice il sindaco Leoluca Orlando –. Shawky ci propone un’opera straordinaria che è al di sopra di ogni religione e cultura. E ci dice che Dio esiste, qualsiasi sia il nome che gli diamo. Shawky riannoda un legame con il passato, con lo spazio, ma è un forte segno di integrazione e di denuncia”. Un soffice strato di sabbia, nella cripta, conduce verso l’istallazione con cui Wael Shawky, in arabo antico, racconta il rapporto con la storia.

A Palazzo Branciforte, invece, “Cabaret Crusades. The path to Cairo”, secondo film della trilogia Cabaret Crusades, entra in costante dialogo con le scaffalature dell’antico Monte dei Pegni e con gli storici pupi siciliani dei Figli d’Arte Cuticchio: la lotta tra paladini e saraceni diventa invece un tentativo di dialogo. Le due esposizioni di Shawky avviano il ciclo “Punte brillanti di lance”, nato dalla collaborazione tra Fondazione Merz, Fondazione Sicilia e Comune di Palermo. “Wael Shawky – spiegano le curatrici Beatrice Merz e Laura Barreca – offre un punto di vista narrativo non occidentale, e per analogia, fornisce una visione trasversale sulla complessa situazione geo-politica contemporanea da cui dipendono gli equilibri non solo del Mediterraneo, ma dell’Europa e del mondo intero”. “La lotta tra fazioni cristiane e musulmane di ieri, diventa dialogo di oggi”, dice Raffaele Bonsignore, presidente della Fondazione Sicilia.

Le due istallazioni inaugurano la sezione Arti Visive di BAM – Biennale Arcipelago Mediterraneo, promossa dal Comune di Palermo (Assessorato alla Cultura) e in programma fino al 12 marzo. In calendario decine di appuntamenti – spettacoli, mostre, proiezioni, itinerari e dibattiti con prestigiosi intellettuali italiani e stranieri – ospitati in teatri, cinema e siti monumentali restaurati e restituiti alla piena fruizione del pubblico.

 Non è interessato tanto alla storia in sé, Wael Shawky, piuttosto a come i processi storici possano essere diversamente interpretati dell’uomo. La trasposizione filmica di fatti e avvenimenti riportati in alcuni testi arabi, trova spazio in cortometraggi a cavallo tra il documentario e il film d’animazione, in cui gli attori sono spesso bambini, o addirittura marionette, feroci interpreti  dei fatti storici a cui rimanda, intrisi di violenza e intrighi di potere.