Bersani a Palermo dice “No” alla riforma costituzionale e attacca Matteo Renzi. L’ex leader del Pd usa i toni pacati e i ragionamenti lunghi per esporre le sue tesi, ma non lascia dito a dubbi. In un’affollata Aula Magna della facoltà di Giurisprudenza, l’esponente della sinistra piddina ha metaforicamente incrociato le lame con il costituzionalista Giuseppe Verde, convinto sostenitore del “Sì”. Arbitro del duello Vito Lo Monaco, presidente del Centro Pio La Torre che ha organizzato l’incontro.
“Un esito del Referendum c’è già, ed è quello di aver diviso il Paese. Il 4 dicembre, comunque vada, non vincerà nessuno, abbiamo già perso tutti” – sostiene Pier Luigi Bersani. “Per la prima volta nella storia del Paese, un governo prende l’iniziativa di cambiare in autonomia la Costituzione. Calamandrei diceva – aggiunge motivando il suo dissenso- che i banchi del governo avrebbero addirittura dovuto essere vuoti quando il parlamento discuteva di Costituzione. Questo governo, invece, mette la fiducia sulla legge elettorale, poi annuncia al mondo che siamo sul precipizio, che tutto dipenderà dal Referendum, che ci sarà un prima e un dopo. Io – continua Pier Luigi Bersani – dico che il giorno dopo saremo come il giorno prima. L’esito che si è ottenuto è quello di dividere il Paese. Chiunque vincerà, avremo perso tutti se non mettiamo le cose nel giusto binario”.
Bersani a Palermo argomenta e spiega la sua contrarietà sia alla riforma costituzionale che alla nuova legge elettorale. E’ l’incrocio con l’Italicum ciò che più mi spaventa- dice – . La nuova legge elettorale ci consegnerebbe una nuova forma di governo. Un governo del capo, con larga parte del Parlamento che deriverebbe, di conseguenza, dalla scelta del capo fatta secondo modalità ancora non chiare”.
Ma è sulla riforma Boschi che l’ex leader Pd insiste. “La riforma ha più di un difetto – ragiona Bersani – e mi fermo su due punti, uno è la formazione delle leggi, l’altro il rapporto tra Stato ed enti locali. Io sono un sostenitore della tesi che si facciano troppe leggi, e pure male. Quando sento il mio segretario dire che la retribuzione dei parlamentari deve essere associata alla presenza in aula, dico: ma si sa che noi abbiamo il record mondiale di assemblee plenarie? Le leggi vanno fatte fuori, confrontandosi con le associazioni, con gli esperti, attraverso incontri preparatori, in aula si deve arrivare come corridori al traguardo. Sul tema del rapporto tra Stato ed enti locali, io che sono stato amministratore locale per venti anni e ministro per sette, non sono stato interpellato. La suddivisione tra beni di interesse regionale e di interesse nazionale è illogica”.
Non poteva mancare la polemica con Matteo Renzi, che ieri dal palco della Leopolda di Firenze ha attaccato pesantemente i sostenitori del “No” dentro il suo partito. “Io dico ‘dentro, dentro’, se poi un segretario dice ‘fuori, fuori’, si prenderà la responsabilità. Bisogna riconoscere che nel nostro mondo c’è un problema, un disagio a cui non si può rispondere insultando. E finché insultano me non ho problemi, – afferma Bersani – ma non si rendono conto che queste affermazioni feriscono tanta nostra gente e non della peggiore. E’ incredibile non rendersene conto che questo è un problema serissimo ormai da mesi. Avanti cosi’ finiremo per tirare la volata alla destra”. (Foto di Igor Petyx)