Cresce la povertà fra i pensionati dei territori di Palermo e Trapani. Delle 407.300 pensioni erogate nel capoluogo siciliano e la sua provincia e delle 149.069 in tutto il trapanese, ben quasi il 50 per cento riguardano importi minimi, 500 euro circa, cosi si conferma anche in Sicilia il trend di crescita del fenomeno che in Italia vede ben 18 milioni di persone a rischio povertà ed esclusione sociale.
Cresce la domanda di politiche sociali, nelle prime ore solo per il comune di Palermo erano 1800 le domande per il Rei, il reddito di inclusione sociale (salite ora ad oltre 7 mila in cinque giorni) e circa 200 a Trapani. Quelle di vecchiaia nel capoluogo sono state oltre 153 mila, assistenziali quasi 133 mila, il dato di Trapani è 58.266 di vecchiaia e oltre 42 mila le assistenziali. I dati sono stati al centro dei lavori del consiglio generale della Fnp Cisl Palermo Trapani che si è svolto al convento di Baida a Palermo.
“Questo non fa altro che confermare – ha spiegato Mimmo Di Matteo segretario generale Fnp Cisl Palermo Trapani aprendo i lavori – che la nostra richiesta accolta nell’ultimo accordo con il governo nazionale di separazione fra assistenza e previdenza risulta assolutamente necessaria. Solo considerando a parte il dato della spesa sostenuta dall’Inps per le pensioni che derivano dai contributi dei lavoratori, possiamo comprendere quanto margine c’e’ per l’aumento delle cosiddette minime che sono ancora tantissime anche nei nostri territori. E’ fondamentale, quindi, continuare a portare la nostra battaglia per la rivalutazione degli importi in modo da adeguarli al costo della vita”. “E qui la situazione appare ancora piu’ grave per via della mancanza di servizi adeguati sia sanitari che sociali – ha aggiunto Di Matteo -. Non solo le strutture di cura e prevenzione sono poco presenti e le liste di attesa lunghissime, ma molti anziani spesso rinunciano alle cure a causa degli alti costi dei farmaci e degli esami diagnostici. E’ necessario ripensare a un welfare partendo dalle esigenze dei piu’ poveri e fra questi milioni di pensionati che hanno bisogno di una vera e propria rete sociale che veda la collaborazione di istituzioni, sindacati e associazioni di volontariato per sostenere chi, in solitudine non puo’ andare avanti, e sono purtroppo in tanti”.
Buona parte delle pensioni erogate nei due territori sono quelle che spettano al coniuge superstite (82.076 a Palermo e 32.117 a Trapani con importi medi che vanno da 674 euro a un massimo di 1900) e quelle assistenziali (42.073 a Trapani, 132.866 a Palermo). Secondo il segretario generale Cisl Sicilia Mimmo Milazzo, “con la contrattazione in Sicilia stiamo cercando di ottenere importanti risultati sul fronte delle politiche sociali e fiscali adeguate alle condizioni attuali delle nostre famiglie. Il prossimo 12 dicembre incontreremo con Cgil e Uil il Presidente della Regione Musumeci, perché bisogna rilanciare la Sicilia con una migliore programmazione della spesa pubblica e dei fondi a disposizione per dare una scossa a tanti settori bloccati dalla crisi, attrarre investimenti privati, rilanciare l’edilizia e tanto altro. La disoccupazione resta altissima, come quella giovanile che sfiora il 57 per cento, per questo bisogna porre al centro dell’azione del governo regionale le politiche industriali e del lavoro finora assenti. I fondi ci sono, 17,2 miliardi di euro entro i prossimi 4 anni, bisogna migliorare la capacità di spesa della pubblica amministrazione, programmare poi le Zes, le zone economiche sociali e riprendere l’azione degli accordi di programma per zone in crisi come quelle di Gela e Termini Imerese”.
A concludere il segretario generale nazionale Fnp Cisl Gigi Bonfanti: “Abbiamo fatto un buon lavoro finora al tavolo con il governo sulla Previdenza , che continuerà e partendo da questi risultati continueremo a parlare anche del tema della povertà e delle necessarie politiche sociali, che devono essere potenziate. Siamo dell’idea che i tavoli devono portare a risultati concreti, e bisogna lottare e restare fino all’ultimo per questo. Un punto fondamentale e’ la separazione fra assistenza e previdenza , per la prima volta si parla di reddito di inclusione che vuol dire creare occasioni di lavoro vere, perché il tema di fondo per il nostro Paese resta questo. E’ finita l’era delle piccole soluzioni, oggi va fatta una riflessione più ampia a partire dagli investimenti per le politiche del lavoro e di un welfare integrativo”.