Ad Acerra il funerale di don Antonio Riboldi, morto a Stresa dopo una lunga malattia

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Saranno celebrati nella cattedrale di Acerra (Napoli), i funerali di don Antonio Riboldi, vescovo emerito dalla città dell’hinterland partenopeo, ricordato spesso come il ”vescovo anticamorra” per la sua lotta alla criminalità organizzata che lo portò, negli anni ’80, ad una manifestazione contro la camorra ad Ottaviano, dove guidò migliaia di giovani nella città di Raffaele Cutolo, boss indiscusso della Nuova camorra organizzata.

Il “ritorno di monsignor Antonio Riboldi alla Casa del Padre genera umana malinconia nel cuore dei fedeli dell’intera diocesi di Acerra – si legge sul sito della diocesi, il cui vescovo, Antonio Di Donna, il vescovo emerito, Giovanni Rinaldi, i sacerdoti, i religiosi e le religiose con animo commosso ricordano la figura e l’opera di Riboldi e rendono grazie a Dio che in un periodo difficile della sua storia ha affidato la diocesi all’amorevole cura di tal grande Pastore”.

Dopo una messa, prevista per martedì, nel convento dei monaci rosminiani a Stresa dove si trovava dall’estate scorsa e dove il presule si è spento nella notte tra sabato e domenica in seguito ad una lunga malattia, la salma di monsignor Riboldi è attesa ad Acerra, ed ancora non è chiaro se la sepoltura avverrà all’interno della cattedrale, così come da desiderio del presule.

Si fece voce dei terremotati del Belice, in Sicilia, che vivevano al freddo nelle baracche. Nel 1968, dieci anni dopo essere arrivato a Santa Ninfa, nella Valle del Belice, in Sicilia, fu vicino ai suoi fedeli scossi dal terremoto. Ma soprattutto si fece megafono delle loro sofferenze e portò in tutte le sedi, financo nei palazzi del potere a Roma, la protesta del popolo per le ruberie, gli sprechi ed i ritardi che si erano accumulati nel corso degli anni.

In una trasmissione dell’11 aprile 1977 denunciò senza mezzi termine una situazione vergognosa. “Come essere prete lì in mezzo? Come si fa a dire a un uomo che per nove anni vive nelle baracche dove ci sono topi e dove piove, Dio è qui e ti ama? Come trasmetterlo questo messaggio d’amore a un uomo che non capisce più bene se vivere è sopravvivere o realizzarsi?”.

Un “Fate presto” il suo che di fatto anticipò il monito del Presidente della Repubblica Sandro Pertini che, dopo la visita alle zone terremotate dell’Irpinia, nel 1980, chiese con vigore di dare concreta ed immediata attuazione a un piano per la ricostruzione.

Riboldi aveva svolto la sua prima esperienza come parroco, a Novara. Prima gli studi all’Università, facoltà di Lingue, poi interrotti per la sua missione di rosminiano, chiamato dall’ordine a predicare tra la sua gente. Subito dopo l’esperienza come parroco a Montecompatri, vicino ai Castelli Romani. Nel ’58 l’approdo in Sicilia che avrebbe impresso una svolta alla sua vita di uomo e sacerdote. “Quella vicenda – ricordava Riboldi – mi ha profondamente cambiato. Da prete di sacrestia, da prete-prete sono diventato prete di strada, dalla parte di chi non ha casa, di chi subisce le ingiustizie, di chi si mette a lottare contro ogni forma di illegalità”.

Nominato vescovo di Acerra il 25 gennaio 1978 dal Beato Papa Paolo VI, monsignor Antonio Riboldi, che apparteneva all’ordine dei rosminiani, fece il suo ingresso in diocesi il 9 aprile dello stesso anno, occupando una sede vacante da 12 anni. Don Riboldi trovò una situazione non facile, dovendo ”rianimare la vita ecclesiale e sostenere l’intera comunità tra le problematiche di un momento che richiede la difesa della dignità della persona”.

Ma le sue attenzioni si rivolsero soprattutto al contrasto alla camorra, tanto da essere messo sotto scorta. Storica la marcia che negli anni ’80 portò migliaia di giovani ad Ottaviano, città del boss Cutolo.

”Meglio ammazzato che scappato dalla camorra”, gli avrebbe detto sua madre quando le palesò i suoi timori. ”In quel momento – disse il presule in occasione dei suoi 90 anni celebrati nel 2013 nel Duomo di Acerra – mi sono sentito veramente di essere un vescovo, e ho capito cosa significava essere un prelato che deve amare la gente anche se non ricambiato, amare la Chiesa anche se non tutti ti capiscono”.

Don Riboldi incontrò anche numerosi criminali in carcere, tra cui lo stesso Cutolo, e al presule sono attribuiti i pentimenti di alcuni ex camorristi. Nonostante la rinuncia all’esercizio episcopale per i limiti d’età raggiunti nel 1999, il vescovo emerito aveva scelto di restare ad Acerra, che gli ha conferito un paio di anni fa la cittadinanza onoraria, e continuava a celebrare Messa nella chiesa dell’Annunziata.

”I nostri contatti erano costanti – ha ricordato monsignor Antonio Di Donna, attuale vescovo di Acerra – e fino a quando le forze glielo hanno consentito ha celebrato spesso la Messa domenicale in Cattedrale seguendo sempre con vivo interesse la vita della diocesi e chiamandomi personalmente nei momenti importanti di questa Chiesa locale”.

Anche la vita diocesana riprende vigore grazie al carisma e all’impegno di monsignor Riboldi, e lo stesso presule spesso ricordava lo stupore che gli aveva confessato l’arcivescovo di Milano di fronte a tanta vitalità, nonostante le piccole dimensioni della diocesi. Curioso e aperto alla modernità, Riboldi è stato uno dei primi vescovi a sbarcare su Internet nel 1997: fino a poco tempo fa le sue omelie arrivavano a migliaia di persone.