Addio al vignettista palermitano del Foglio Vincino, Vincenzo Gallo si è spento a Roma a 72 anni

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“E’ morto oggi a Roma Vincino. E’ stato al Foglio la nostra speranza, il nostro specchio, la nostra risorsa d’acqua e di alcol e di fumo”. Lo scrive su twitter Il foglio, annunciando la morte del disegnatore satirico Vincenzo Gallo.

“Oggi se n’è andato un pezzo della famiglia del Foglio. Vincenzo Gallo, per tutti Vincino, era malato da tempo ed è morto a Roma a 72 anni dopo una lunga malattia. Vincino era al Foglio da quando il quotidiano è nato, ventidue anni fa. Ha disegnato per noi fino all’ultimo giorno e la vignetta che illustra questo articolo è il suo ultimo disegno, pubblicato nel Foglio di oggi”. Lo scrive Il Foglio in un editoriale pubblicato sul sito, pochi minuti dopo la notizia della scomparsa del grande vignettista.

L’ultimo disegno di cui si parla raffigura lo stesso Vincino e sotto la scritta “Comunque sarò il prossimo James Bond (di sicuro…)”. Giuliano Ferrara, poco più di un mese fa, aveva scritto un ritratto di Vincino per presentare il suo ultimo libro, un’autobiografia che è “uno sghembo manuale di satira, un flusso d’incoscienza, un’autobiografia oscena e candida”, nel quale lo definiva “un populista, un antisistema”, che “però conosce la storia, un populista che si è informato”.

Il ritratto prosegue sul filo dell’ironia feroce: “L’infamia di Vincino non ha confini, la generosità naturale non lo riscatta, la dissipazione non lo ricompone, nel suo andare dinoccolato, fumato, nel suo barbonismo principesco, nel suo sorriso diffidente e ineguale mostra di non essere una persona integra”.

“Aristocratico, svagato, estremista, cedevole, si presenta come un lumpen, come un dannato della vignetta inscritto nel suo recinto sacro, che peraltro non ha come si sa confini, Vincino disegna sprazzi, nuvolette, ovali, tableau disordinati, concatenazioni scatenate, non vignette se non occasionalmente. D’altra parte è lui la vignetta che conta, il suo esame di stato con la pianta dell’Ucciardone spacciata al caro Franco Berlanda come un Panopticon dell’utopia, è lui il volgare truffatore che grida Viva il duce per salvarsi il culo, che si abbassa a scrivere agli esami da professionista, dopo due prove incredibilmente disegnate, per avere la Casagit. E’ lui che crede troppo negli altri, nella vita miserabile e limitata in cui siamo costretti, nell’amore e nei viaggi e nella dissimulazione, per credere anche a se stesso. Genio, talento, azione, mito sono il suo tesoro disegnato e proiettato nel nulla del mondo, e guardate come lo ha sperperato”.

Dalle lotte politiche nella Palermo di Vito Ciancimino alle prime rubriche per “Lotta Continua”, alla naja come architetto sovversivo. E poi la fondazione del famigerato “Male”, con la sua satira feroce e le finte prime pagine di “Repubblica” o “La Stampa” (“Arrestato Ugo Tognazzi. È il capo delle Br”, fu uno dei tanti titoli-beffa), che gli valse perfino una cena al Quirinale con il presidente della Repubblica Sandro Pertini.

Il disegnatore e giornalista Vincenzo Gallo, Vincino, nato a Palermo il 30 maggio 1946, era approdato al “Foglio” di Giuliano Ferrara nel 1996, dopo aver lavorato, tra gli altri, per “L’Ora”, “Cuore”, “Corriere della Sera” e “Vanity Fair”. Ma il vignettista Vincino fu soprattutto il fondatore e il direttore del settimanale “Il Male” (1978-1982), che in cinque anni cambiò la satira italiana. Era un giornale iconoclasta, radicalmente di sinistra ma lontano dal Pci, provocatorio, irridente, non a caso battezzato “Il Male”. Il marchio di fabbrica della rivista era la falsa prima pagina di un quotidiano, ma “Il Male” fu molto di più: per esempio, il banco di prova di alcuni dei disegnatori più grandi di quegli anni, come Andrea Pazienza, Roland Topor, Tanino Liberatore, e la tribuna che ospitava articoli scandalosi su argomenti tabù come il terrorismo e i rapporti tra mafia e politica.

Vincenzo Gallo è protagonista del 1968 e dei movimenti studenteschi e operai militando in Lotta Continua nel capoluogo siciliano. Nel 1969 inizia a collaborare con il quotidiano “L’Ora” di Palermo, seguendo da disegnatore il processo sulla strage di viale Lazio. Nel 1972 si laurea in architettura e per l’esame di ammissione all’albo professionale redige il progetto di un centro sociale per ventimila persone, ricalcato sulla pianta del carcere dell’Ucciardone di Palermo.

Sempre nel 1972 viene chiamato a Roma a lavorare nel giornale “Lotta Continua”, dove resta fino al 1978. Nel 1978 fonda e dirige “L’avventurista” (inserto satirico del giornale Lotta Continua) e partecipa alla nascita della rivista “Il male” con Pino Zac e Vauro Senesi, di cui sarà direttore per quattro anni (dei cinque in cui venne pubblicata), fino alla chiusura, nel 1982. Tra il 1984 e il 1985 è stato direttore di “Ottovolante”, quotidiano di satira cui hanno collaborato diversi vignettisti: Roland Topor, Andrea Pazienza, Guido Buzzelli, Bernard Willem Holtrop, Jean-Marc Reiser, Jacopo Fo. Nel 1985 partecipa all’avventura de “Il Clandestino”, supplemento de l'”Espresso” e collabora contemporaneamente con “Linus” econ “Tango” (diretto da Sergio Staino), supplemento de “l’Unità”.

Nel 1987 Vincino è direttore di “Zut” e inizia a collaborare con il “Corriere della Sera”. Nel 1988 esce “Cuore” eVincino ne diventa una delle colonne portanti fino alla chiusura. Nel frattempo collabora con “il Sabato”, acquistando così la nomea di “vignettista dai facili costumi” che si porterà fino al 1996, quando comincia a lavorare a “Il Foglio”. Nel 1987 fa risorgere “Il Clandestino” con Vauro, Riccardo Mannelli e Sergio Saviane. Nel 1988 collabora con Boxer di Vauro, supplemento de “Il manifesto”, di cui dirige un numero. Nell’ottobre del 2011, insieme con Vauro Senesi, Vincino rifonda la storica rivista di satira “Il Male”, che ha chiuso le pubblicazioni nel 2013. Successivamente collabora, tra gli altri, con il settimanale “Vanity Fair” e con Radio Radicale. E’ autore di “Il Male. 1978-1982. I cinque anni che cambiarono la satira”, pubblicato da Rizzoli nel 2007, e di “Mi chiamavano Togliatti. Autobiografia disegnata a dispense” (Utet, 2018), con prefazione di Giuliano Ferrara, con cui ha vinto il 46° Premio Satira Forte dei Marmi: è un’autobiografia oscena e candida, un flusso d’incoscienza, ispirata alle sue malefatte ma anche a ricordi affettuosi e privati.

“Hai disegnato i grandi mostri della politica italiana… e mi hai lasciato solo con i mostriciattoli!”. Con una vignetta in cui disegna se stesso in lacrime, Vauro Senesi su Twitter dà l’ultimo saluto all’amico e collega Vincino con cui lavorò per anni e del quale fu ‘complice’ nella riedizione delle storiche riviste “Il Clandestino” e “Il Male”.