Catania – Maria Elena Boschi, la più berlusconiana dei ministri renziani, era stata chiara e tonda: in caso si vittoria del No sarebbe tornata a fare la calza, metaforicamente s’intende. Promessa – come è noto – non mantenuta. Insomma: ha dimostrato orgogliosamente l’appartenenza alla casta e che ormai da politica ha il pelo sullo stomaco, a differenze della bellezza quasi angelica.
Adolfo Maria Messina, il più crocettiano degli ex lombardiani e firrarelliani, non può sfoggiare pari bellezza maschile, ma anche lui ha le idee chiare sul significato in politichese della parola “dimissioni”. Ha invaso il web e l’etere con una sua lettera strappalacrime con la quale annunciava di lasciare la presidenza della Pubbliservizi, l’ammiraglia tra le partecipate della ex Provincia regionale, oggi Città metropolitana di Catania.
Un bilancio da 20 milioni e cocci che Adolfo Maria Messina ha miracolosamente risanato, dipendenti tutti felici e contenti, sindacati scodinzolanti, non si sa bene perché. Ha cavalcato la logora strada della legalità in perfetto Crocetta style, ha cercato qualche posizionamento in corsa (una pelosissima dichiarazione di ammirazione per il sindaco di Catania Enzo Bianco, prima ancora che si insediasse da sindaco metropolitano).
Bianco, però, ha mantenuto le distanze, non lo ha mai legittimato come presidente di Pubbliservizi, non è tanto ingenuo a cedere al primo batter di ciglia finte, e lo ha stroncato con la mancata approvazione del bilancio. Atto – a dire di Bianco – non politico, ma tecnico. Insomma, i conti non tornano.
Il vergineo Aldo Maria Messina, ferito nell’orgoglio, starnazza e grida urbi et orbi che si dimette. Sì, già, ma quando? Le sue dimissioni sono virtuali: non esistono, non ci sono, non le ha presentate. Una email frettolosa e priva di valore giuridico. Insomma, esattamente come l’impegno di Maria Elena, che pur di esserci accettato un declassamento che per altri sarebbe stata mortificazione. E’ la politica, bellezza! (daniele lo porto per siciliajournal.it)