Ben Mohamed Ayari Borhane, il detenuto tunisino del carcere di Opera considerato pericoloso e a rischio radicalizzazione, evaso la notte tra il 17 e il 18 maggio dall’ospedale Fatebenefratelli di Milano, dove era stato portato per accertamenti, è stato catturato a Palermo dagli agenti del Nic, il Nucleo investigativo centrale della polizia penitenziaria. Stava per imbarcarsi per la Tunisia con un passaporto falso.
Le operazioni di indagine seguite alla fuga, coordinate dal capo del pool antiterrorismo di Milano, Alberto Nobili, e affidate al pm Ilaria Perinu, hanno coinvolto le diramazioni territoriali del Nic, e in particolare il Nucleo regionale di Milano, della Toscana, dell’Emilia Romagna, della Campania e di Palermo, che hanno seguito le ipotesi di spostamento sul territorio dell’evaso; e inoltre hanno visto il supporto della Questura di Palermo.
Ora gli accertamenti puntano a verificare se l’uomo abbia goduto di appoggi logistici e complici. La sua fuga è durata otto giorni. Presumibilmente si trovava a Palermo dal 20 maggio. Sabato sera, quando si è recato alla biglietteria per imbarcarsi per la Tunisia, non sapeva che dall’altra parte dello sportello ci fosse in realtà un agente della Nic; e altri uomini erano già appostati per catturarlo. “Complimenti, ma come avete fatto?”, sono state le sue prime parole quando è stato acciuffato e colto di sorpresa.
Dopo l’arresto è stato portato nel carcere palermitano di Pagliarelli dove sarà sentito dai magistrati. Borhane era stato trasferito a Opera dalla Casa di reclusione di San Gimignano dove si trovava per una condanna fino al 2032 per traffico di droga in base a un ordine di carcerazione emesso dalla Procura di Bologna. Città in cui in passato spacciava droga, prima tappa dopo l’evasione dal carcere. Dal capoluogo emiliano sarebbe poi andato in Sicilia. Spostamenti effettuati in treno. E’ quanto emerge dai primi accertamenti, mentre continuano le verifiche per accertare di quali appoggi abbia goduto e dove si sia procurato il passaporto falso che aveva con sé.
Un detenuto comune, all’inizio, ma con l’inclinazione al fanatismo che in cella ha raggiunto il suo acme. Fin dal 2014 era monitorato per la sua inclinazione a predicare la Jihad e in carcere si era autoproclamato imam. Nella sua cella era stato trovato anche materiale propagandistico e lui era “sottoposto ad attività di analisi con profilo ‘alto monitorato’ per rischio radicalismo”, ritenuto quindi pericoloso. Tanto che subito dopo l’evasione la sua fotografia era stata subito diffusa a tutte le forze dell’ordine ed era scattata una caccia all’uomo.
Al Fatebenefratelli era stato portato perché aveva detto di aver ingoiato una lametta da barba. Tra l’altro sembra che qualche giorno prima avesse addotto la stesa motivazione ed era già stato portato nello stesso ospedale per accertamenti, ma poi aveva ammesso di aver mentito ed era stato riportato in carcere. Forse una messinscena per visionare i luoghi e prepararsi. Quel che è certo è che la seconda volta è riuscito ad eludere la sorveglianza di tre agenti. Santi Consolo, il capo del Dipartimento amministrazione penitenziaria, si è complimentato con gli uomini del Nic per l’esito dell’intera operazione.
Le operazioni per la cattura, eseguite dal Nic, guidato dal commissario capo Augusto Zaccariello, hanno impegnato complessivamente una sessantina di uomini e 15 sono stati coinvolti ieri nella fase finale per la cattura. Del detenuto dopo la fuga erano anche state diffuse delle foto segnaletiche e, benché non siano risultate utili per le indagini, sono state molte le segnalazioni arrivate dai cittadini, tutte vagliate e verificate.
Borhane aveva eluso la sorveglianza di tre agenti. Nelle ricostruzioni delle prime ore si era ipotizzato che la fuga fosse avvenuta dalla finestra di un bagno. In realtà il bagno utilizzato era senza finestra e lui è scappato dalla stanza in cui si trovava. Sui tre agenti è stata avviata un’indagine amministrativa interna per verificare eventuali responsabilità o comunque gravi negligenze nella condotta.