“Il significato di questa operazione è il duro colpo inferto dallo Stato alla criminalità organizzata, segno dell’azione di contrasto continua da parte dello Stato, che spesso è criticato per la sua lentezza. Sarà forse lento, ma alla fine è inesorabile e tutti i nodi vengono al pettine: nessuno può farla franca e il cittadino deve avere fiducia”. A dirlo è stato il generale Giuseppe Governale, direttore della Dia, durante la conferenza stampa convocata a Palermo per illustrare i dettagli dell’operazione che ha portato alla confisca di beni per 1,5 miliardi di euro agli eredi di Carmelo Patti, ex patron di Valtur, originario di Castelvetrano e deceduto nel gennaio del 2016 a 81 anni.
“Continua l’attacco dello Stato all’enorme patrimonio economico finanziario della criminalità organizzata, in questo caso di Cosa Nostra, di una delle famiglie più importante, quella di Castelvetrano, che fa riferimento a Matteo Messina Denaro. Non parliamo di un sequestro, ma di una vera e propria confisca”, ha detto il generale Giuseppe Governale. “Il provvedimento del Tribunale di Trapani su proposta della Dia è definitivo: lo Stato ha acquisito definitivamente questo patrimonio. “L’azione dello Stato è programmata e programmatica. Oggi possiamo dire che finisce un’era, quella di Carmelo Patti e dei suoi accoliti”, ha affermato Governale.
“Un muratore di 26 anni di Castelvetrano che lascia la città attorno al 1956 e nel 1961 dirà io e mio padre non avevamo i soldi per comprare il mangiare e il mobilio pignorato. Come è possibile che un muratore diventi il padrone di un patrimonio che supera 5 miliardi di euro? Oggi abbiamo confiscato beni per oltre un miliardo e mezzo di euro e siamo in presenza di un provvedimento definitivo. Carmelo Patti come Lucky Luciano finisce sotto i riflettori della Dia per l’evasione fiscale”, ha detto Giuseppe Governale sulla confisca dei beni agli eredi dell’industriale Carmelo Patti, patron della Valtur. “Abbiamo evidenziato – ha aggiunto Governale – un legame tra l’evasione fiscale ben strutturata tra azienda madre e polverizzata nel territorio nella provincia di Trapani, soprattutto a Castelvetrano. Un sistema di evasione fiscale per decine e decine di milioni di euro, che ha consentito alla mafia di quell’area di nutrire e farsi nutrire”.
“Carmelo Patti parte dalla Sicilia con grande spirito imprenditoriale e a metà del suo percorso poi ha posto in essere una serie di attività che hanno attirato l’attenzione di Cosa Nostra, ha rappresentato un punto di riferimento per Cosa nostra per lavare proventi illeciti”, ha spiegato il direttore della Dia Giuseppe Governale. “La mafia, soprattutto quella di Castelvetrano, ha avuto una capacità d’incunearsi nelle attività economiche remunerative, come quella creata da Carmelo Patti. Il commercialista di Patti, nel 1991, diventa Michele Alagna, fratello di Franca Anna Maria, madre della figlia, non riconosciuta, Lorenza del latitante Matteo Messina Denaro”, ha aggiunto Governale. “Alagna si offre per conto di qualcuno e Carmelo Patti non può rifiutarsi perché anche per lui è conveniente”. Così l’uomo partito dal Trapanese, con in tasca la sola licenza elementare e che in una lettera del 1961 alla Cancelleria della Corte di appello di Palermo, che lo aveva convocato spiega di non poter affrontare il viaggio per ragioni economiche, diventa uno degli uomini più influenti del mondo imprenditoriale italiano.