Bruno Contrada incontra la stampa e si sfoga, ad 87 anni l’ex numero tre del Sisde non ce la fa a trattenersi. “Ho combattuto 26 anni, continuo a guerreggiare” – afferma spalleggiato dal suo legale Stefano Giordano.
L’ex superpoliziotto nei giorni scorsi ha dovuto subire l’ennesima perquisizione domiciliare, questa volta disposta dai magistrati che indagano sull’uccisione dell’agente Nino Agostino, ucciso con la moglie Ida Castellucci il 5 agosto 1989.
“Di che cosa sono indagato, indiziato? Di che cosa? Solo menti malate – si accalora Bruno Contrada – deformate da ideologie politiche possono sostenere e compiere cose del genere. Io ho servito per tutta la vita le istituzioni”. Il riferimento esplicito è all’ex pm Antonio Ingroia.
“Io ho avuto a casa mia sempre una bandiera, il tricolore. Su questa bandiera ci sono solo questi tre colori. Quando, invece, alcuni anni fa ho visto il mio grande inquirente, requirente, inquisitore attualmente avvocato, Antonio Ingroia, l’ex pm di Palermo che mi ha inquisito e ha sostenuto acerrimamente e tenacemente le accuse a mio carico nel processo, seduto su di un palco con alle spalle una bandiera con la falce e il martello, ho capito che eravamo su sponde diverse. Era magistrato non avvocato. Io non ho mai permesso che nei miei uffici si pronunciasse la parola politica” – ha attaccato.
Poi Contrada racconta della perquisizione, della pietosa bugia raccontata alla moglie malata per non farla inquietare ulteriormente e della cortesia degli investigatori. Le fotografie “che mi hanno sequestrato sono la rappresentazione della mia vita professionale. Nient’altro. Forse cercavano una foto con ‘Faccia di mostro’… non l’hanno trovata. Sono solo menzogne” – dice affermando di non avere mai avuto rapporti con Nino D’Agostino.
“Mi ritorna alla mente – prosegue Contrada – il detto latino, ‘turpex miles senex’: è turpe e ingiusto e inumano che un vecchio continui a combattere. Ho combattuto per 26 anni, dal ’92 a oggi, e continuo a guerreggiare”.
“Non so quale fatto devo raccontare, di che cosa sono indagato, indiziato, sospettato, imputato, di cosa? Non lo so, ho 40 anni di carriera alle spalle – precisa – nella polizia e nei servizi e ho lavorato per la sicurezza democratica perché la criminalità organizzata è un elemento di rovina. E quindi io, invece di lavorare per la sicurezza democratica, avrei lavorato per la distruzione della democrazia in Italia. Solamente delle menti malate e deformate da ideologie politiche possono pensare una cosa del genere. Io ho servito per tutta la vita le istituzioni”.
Poi, a chi ancora gli domanda qualche elemento sul delitto Agostino, ribadisce: “Ho saputo che esisteva un uomo che si chiamava Antonino Agostino dopo la sua morte. Non è stato mai alle mie dipendenze, non ho mai avuto occasione di incontrarlo”.