“L’emergenza Covid19 mette in evidenza il fallimento di una visione “ospedalocentrica” che in Sicilia è più accentuata rispetto ad altre regioni, soprattutto del Nord, con i governi che si sono succeduti i quali hanno ignorato i tanti appelli dei sindacati di categoria sulla seria programmazione dell’assistenza sanitaria territoriale, che negli ultimi decenni si è basata sul marcato accentramento negli ospedali”. Lo dice in una nota la segreteria regionale della Cimo, sindacato dei dirigenti medici.
“Nonostante il consistente taglio dei posti letto, è stata generata una domanda impropria di salute con il conseguente sovraffollamento dei pronto soccorso. La paura da contagio, prima ancora dei divieti di spostamenti non necessari – sottolinea la Cimo – ha fatto sparire, come per magia, le code di pazienti davanti alle aree di emergenza e l’improvvisa guarigione delle urgenze “immaginarie”. L’auspicio è che in Sicilia non si raggiungano i numeri di positività al coronavirus registrati al Nord perché se organizzazioni sanitarie, come quella lombarda, sono vicine al collasso è superfluo prevedere cosa accadrebbe in una realtà come la nostra, dove criticità organizzative e carenza di posti letto e di personale medico e infermieristico la fanno da padrone”.
La Cimo sottolinea che in questa fase iniziale dell’epidemia siciliana “molti ricoveri si sarebbero potuti evitare in presenza di una adeguata rete territoriale di assistenza. Sono stati ricoverati molti pazienti che si sarebbero potuti assistere e monitorare al proprio domicilio senza intasare i posti letto ospedalieri. Il sistema sanitario si muove su due ruote, quella ospedaliera e quella territoriale, se una delle due non funziona allora non funziona il sistema”. La programmazione sanitaria regionale, passata l’emergenza, “andrà sottoposta ad una profonda revisione e riorganizzazione”, conclude la Cimo.