“Bisogna ragionare su tutto, non soltanto sulla scuola, perché siamo tutti a rischio contagio se ancora non fosse chiaro a qualcuno. Se il tema è la scuola, allora, da docente universitario, dico si aprano tutte le scuole, ma non al 50%, si apra tutto e via. Ma se vogliamo fare una programmazione seria e credibile, mi chiedo se la scuola è, come deve essere, una priorità allora bisognava ordinare un numero di dosi di vaccini che comprendesse prioritariamente anche il personale scolastico, oltre a quello della sanita’ e alle fasce deboli”. Lo dice il professore Cristoforo Pomara, docente di medicina legale al Policlinico universitario di Catania e componente del comitato tecnico scientifico regionale sull’emergenza Covid, che nel pomeriggio si riunisce per discutere della riapertura delle scuole e valutare ogni iniziativa utile.
Anche in vista della scadenza dei provvedimenti restrittivi contenuti nell’ordinanza del presidente della Regione Nello Musumeci in vigore fino a domani. Alla riunione con gli esperti prenderanno parte gli assessori regionali all’istruzione Roberto Lagalla e alla salute Ruggero Razza.
“Ma che significa fare lezione al 50%?”, si chiede Pomara. “Se si vuol agire seriamente – dice – allora si proceda alla vaccinazione di tutto il personale della scuola e si attendano i 27 giorni necessari a rendere immune chi fa il vaccino”.
Sembrerebbe una posizione rigida sulla scuola, ma il pericolo di contagio è dietro l’angolo. “Sia chiaro non ho alcun pregiudizio nei confronti della scuola – precisa Pomara – ma ripeto sono docente universitario e padre di due figli che vanno a scuola, anche io sto subendo e soffrendo questa situazione, ma non c’è garanzia sul controllo degli effetti della socialità connessi alla scuola. Ci sono studi scientifici pubblicati sulle più importanti riviste internazionali che hanno dimostrato come ci sia una strettissima correlazione tra frequenza nelle scuole e incremento delle infezioni – aggiunge il professore Pomara -. Questo lo vogliamo dire o no? Ritengo un errore andare dietro soltanto all’indice Rt (descrive il tasso di contagiosità dopo l’applicazione delle misure atte a contenere il diffondersi della malattia, indica quante persone vengono contagiate da una sola persona, in media e in un certo arco di tempo, ndr). Mi parrebbe più prudente rapportare per ogni singola realtà regionale le scelte ai parametri di occupazione dei posti-letto di terapia intensiva e guardare al rapporto tra tamponi molecolari effettuati sui tamponi positivi e per quanto riguarda i tamponi si punti sui tamponi molecolari: investiamo sui laboratori e sui macchinari che serviranno anche per il futuro”.
La situazione di questi giorni invita a decisioni ponderate. “Per vedere gli effetti dei provvedimenti bisogna programmare almeno a 3 settimane – spiega il componente del Cts – tutto il resto non ha senso. Oggi cominciamo a vedere gli effetti della zona gialla prenatalizia, è serio parlare di apertura di scuole in pieno piano vaccinale in corso? E’ un non senso. Le decisioni che si assumono oggi avranno inevitabili ricadute sulla campagna vaccinale. La mia non è una ipotesi personale, ma un dato di fatto. E gli effetti dell’apertura delle scuole li vedremo tra 3 settimane e saranno esponenziali perché vanno sommati a quello che stiamo registrando oggi e in questi giorni. Si guardi alla Germania, che ha previsto la chiusura totale di 3 settimane perché come ha detto la Merkel ‘non si possono accettare 500 morti al giorno’. Ieri in Italia ci sono stati 649 morti e il giorno prima 348, dobbiamo dire altro?”, conclude Pomara. (Ansa)