Palermo: condannati a 30 anni gli assassini di Mazzè ucciso allo Zen

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Palermo: condannati a 30 anni di carcere gli assassini di Franco Mazzè, Stefano Biondo e Fabio Chianchiano, riconosciuti colpevoli dell’omicidio.  La decisione è del Gup del tribunale di Palermo Guglielmo Nicastro.

Franco Mazzè, ucciso nel popolare quartiere dello Zen, al termine di una mattinata di autentica follia da Far West, la domenica delle Palme dell’anno scorso, il 20 marzo 2015. Imputati anche – per reati minori, come il favoreggiamento – Rosario Sgarlata (ha avuto due anni) e Claudio Viviano (un anno e quattro mesi). Il giudice, che ha deciso in abbreviato, ha accolto in pieno le richieste del pm Gery Ferrara, concedendo ai due principali accusati solo lo sconto previsto per il rito speciale.

Chianchiano aveva confessato, mentre la posizione di Biondo era controversa, dato che il tribunale del riesame lo aveva scarcerato, ritenendo gli indizi a suo carico insufficienti e “non gravi”. A sparare contro la vittima, pregiudicato e piccolo capocosca dello Zen, fu Chianchiano, mentre Biondo lo accompagnò e seguì in tutte le fasi del delitto, condividendo con lui anche il tentativo di uccidere il “figlioccio” della vittima, Michele Moceo, scampato per una questione di secondi alla morte, così come documentato da una telecamera di sicurezza, che lo riprese mentre lasciava la propria abitazione 13 secondi prima che arrivassero Chianchiano e Biondo a bordo di un’utilitaria blu.

La spirale che portò al delitto, avvenuto nella tarda mattinata della domenica delle Palme, fu innescata dalla violenta lite scoppiata di primo mattino tra Fabio Chianchiano e uno dei nove fratelli di Mazzè, in un bar dello Zen. Le telecamere del locale ripresero la scena e Chianchiano che ebbe la peggio.

Si scatenò una sorta di caccia all’uomo, in cui paradossalmente Franco Mazzè, in virtù di antichi rancori personali, iniziò a cercare il rivale del fratello e proprio “per dargli il resto”. Qualche ora dopo – secondo la difesa al termine di un “duello” in cui l’imputato dovette difendersi – Mazzè fu ferito a morte da un colpo di pistola e morì poco dopo in ospedale. La pistola che, sempre stando alla tesi difensiva, la vittima avrebbe impugnato, non fu mai trovata.

Pochi minuti dopo due uomini, con la stessa auto blu usata dagli assassini di Mazzè, si presentarono a casa di Moceo: Chianchiano ammise di avere sparato lui contro l’abitazione dell’altro “nemico”, con l’intenzione di ucciderlo, ma disse che ad accompagnarlo non era stato Biondo. Non è stato creduto. (AGI)