Un lunghissimo applauso ha accolto le spoglie di Marcello Cimino, il 45enne bruciato vivo nella notte tra venerdì e sabato nella missione San Francesco, in via Cipressi. Il funerale dello sfortunato clochard si è svolto questa mattina nella chiesa dell’Annunciazione del Signore, in via Verdinois. Sulla bara una sciarpa con i colori della squadra del Palermo. All’interno, sedute in prima fila la ex moglie Jolanda e le due figlie, qualche panca più indietro il sindaco Leoluca Orlando. L’omelia, celebrata da padre Cesare Rattoballi, è stata l’occasione per ricordare la figura della vittima, ma anche l’occasione per lanciare un j’accuse contro chi è indifferente nei confronti del disagio sociale.
“Palermo è alla fame” – ha denunciato padre Cesare parlando dei raccoglitori di ferro e dei posteggiatori o dei venditori ambulanti. “E’ stato proibito ai raccoglitori di ferro di raccogliere il ferro, giusto, ma il legislatore si è chiesto come possono vivere? Perché non dargli una licenza?. Bisognerebbe creare una equipe per salvarli – ha ammonito il religioso – ci sono molte realtà da aiutare”.
Indice puntato anche contro “l’indifferenza” e “la burocrazia”. “Parlo alle nostre coscienze, perché a Marcello Cimino abbiamo tolto la dignità, abbiamo tolto la vita” – ha detto don Cesare Rattoballi. E ancora: “Cosa ne abbiamo fatto di Marcello? Ne abbiamo fatto una torcia umana. Ma Dio avrà pietà di Marcello e della sua terribile morte”.
Vibrante e severo il sacerdote ha chiesto: “Cosa abbiamo fatto a Marcello? Parlo in generale, senza riferimento specifico ma parlo a tutti noi, a tutte le nostre coscienze. Cosa gli abbiamo fatto con la nostra indifferenza? Cosa gli abbiamo fatto con la nostra burocrazia? Cosa gli abbiamo fatto con la mancanza di lavoro? Con il nostro non accorgerci delle sue ferite, che egli portava dentro di se. Gli abbiamo tolto la dignità, la vita. Nessuno può essere arbitro della vita degli altri, nessuno può uccidere. Dio è il giudice della vita. Neanche Dio desidera la morte del peccatore ma vuole che il peccatore si converta. Caino uccise Abele, ma Dio gli diede quel segno affinché nessuno si potesse macchiare di un orrendo fratricidio”.
“Quella di Marcello è una fiamma che arde nelle coscienze di tutti noi, che porta con se le nostre miserie e una denuncia: è una fiamma che ha sconvolto tutta l’opinione pubblica. Abbiamo fatto di Marcello una torcia umana. La torcia umana grida alla nostra società – ha detto ancora il parroco -. Grida il dolore, l’indifferenza che c’è nella nostra società”.
Padre Rattoballi ha proseguito ricordando che Palermo è una delle città italiane che ha il più alto numero di clochard, 2.500. “Può una città occuparsi delle problematiche solo del centro storico o si deve occupare anche delle periferie? Può un Comune avere poche risorse per queste problematiche? – ha accusato -. I politici invece di dare lavoro affamano il popolo. Perché Marcello era un raccoglitore di ferro e un idraulico ma non poteva esercitare nessuna delle attività perché non c’era lavoro. Ma apprendiamo tante incongruenze di politici, di corruzione, tangenti, si litigano per chi deve stare al potere”.
Alla fine dell’omelia, la moglie di Marcello Cimino, Iolanda e le figlie, entrambe minorenni, si sono avvicinate al sindaco Leoluca Orlando e lo hanno ringraziato per la “vicinanza mostrata in questi giorni”. “Solo lui ci è stato vicino – hanno detto – e per questo lo ringraziamo”. E i parenti hanno espresso la loro soddisfazione per la scelta del Comune di costituirsi parte civile nel processo che ci sarà a carico di Giuseppe Pecoraro, l’assassino di Cimino. (Foto Igor Petyx)