Giovani socialisti europei: Laura Slimani, la politica che emoziona

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laura slimani, The President of the Young European Socialists

La Presidente dei Giovani Socialisti Europei è stata in Sicilia alcuni giorni fa in occasione del Summer Camp Young European Socialists, in una quattro giorni, tra laboratori e tavole tematiche, per parlare del futuro dell’Europa e dei nuovi scenari internazionali. Laura Slimani, ventisei anni di Rouen, è dall’aprile  2015 presidente de ECOSY. Laureata alla Science PO di Bordeaux, è esperta in Sistemi Politici di Francia e Regno Unito. Militante dell’ala sinistra del Partito Socialista francese, Laura Slimani è conosciuta per le sue posizioni critiche nei confronti della politica economica del governo Valls eccessivamente tecnocratiche. Da sempre contro le diseguaglianze sociali ed in particolar modo di genere, simpaticamente illiberale dentro un partito sempre più liberale ( qualcuno intravede l’analogia con il PD italiano), europeista convinta tanto da ricordare e citare nel saluto di apertura al Summer Camp Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi, in un’Europa sempre più indebolita, fervente antirazzista in un mondo sempre più xenofobo.

Laura Slimani, lei è una giovane e brillante testimone della nuova sinistra europea. Come nasce questa grande passione per la politica e per la sinistra europea? Provengo da un insieme di elementi che mi hanno portata a vivere insieme alle persone accettando le diversità nella nostra società. Quando avevo quattordici anni, lessi il “Secondo sesso” di  Simone  Beauvoir che mi rese femminista. Un po più tardi imparai che l’uguaglianza può essere ricercata nella nostra società attraverso l’attività politica, così incontrai i Giovani Socialisti Francesi. Ho studiato per due anni in Gran Bretagna in un ambiente molto europeista, che mi portò ad interessarmi sempre più nella politica europea. Alcuni anni più tardi, mi impegnai nella campagna per l’Europa a livello nazionale per i Giovani Socialisti Francesi e divenni portavoce della mia organizzazione. A livello Europeo c’è molto in gioco per la nostra generazione. Le decisioni prese a Berlino colpiscono i giovani, in Italia, in Spagna ed in Grecia. Ma il nostro attivismo è ancora troppo focalizzato a livello nazionale. Penso che questo sia il problema e noi dobbiamo risolverlo. Se noi vogliamo riuscire nel costruire una Europa che porti un futuro migliore per tutti, noi dobbiamo organizzarci  meglio al livello europeo, mettere la pressione politica dove dovrebbe essere.

L’Europa ed il suo futuro, siamo ad un bivio: o si rinnova o implode. Quali secondo lei gli elementi necessari per intraprendere un nuovo corso? In Europa, gli ultimi quaranta anni hanno visto soltanto i governi conservatori realizzare i propri obiettivi usando le debolezze istituzionali dell’Unione Europea  e minacciando gli altri stati membri per stare dentro. La Thatcher è il primo esempio, Cameron è l’ultimo. Io credo che come socialisti noi non dovremmo avere paura di come stanno andando le cose in Europa in modo da realizzare i nostri obiettivi. Alla lunga, compromettendosi con la destra questo scenario condurrà allo sfacelo dell’Unione Europea. Noi abbiamo bisogno di socialisti europei e governi di sinistra uniti ed insieme per realizzare urgenti cambiamenti: minimo sociale comune, standard fiscali, diritto di asilo e regole per l’immigrazione, la fine per l’ossessione delle percentuali di deficit che ci portano lontano dal cercare il benessere per gli europei come nostro obiettivo primario. Questo vuol dire che al prossimo Consiglio Europeo: Renzi, Hollande Tsipras, Costa hanno bisogno di fare di queste questioni qualcosa di non negoziabile: se noi non decidiamo su loro, noi non decidiamo su qualsiasi altra cosa. Alcuni diranno che è troppo rischioso. Io credo che il rischio è lasciare le cose così come stanno, cosa che porterà definitivamente il progetto europeo alla tomba.

Vi siete ritrovati in Sicilia, cuore del Mediterraneo e terra di frontiera per l’enorme massa di immigrati che da anni vuole trovare una speranza in una Europa che non si è fatta trovare pronta ad accoglierli. La vostra presenza è stata un segnale di attenzione? Abbiamo fatto una scelta politica venendo in Sicilia che è anche coerente con l’ultima nostra campagna, “Refugees Welcome”. Noi vogliamo far sentire questo messaggio ai governi europei, io spero che loro lo facciano. Mentre stavamo dibattendo di politica europea a Terrasini, donne, bambini ed uomini continuavano e continuano ad arrivare in Sicilia e altrove in Europa. Alcuni di loro continuano a morire alla ricerca di un futuro migliore. Noi continuiamo a dire ai governanti europei che non possono non voltare lo sguardo altrove rispetto alle tragedie che accadono davanti a noi. Non è accettabile che le Istituzioni europee e gli stati membri siano più severi sulle percentuali di deficit rispetto ai principi inviolabili dell’uomo. Ci aspettiamo dai governanti europei che rimangano fedeli a questi principi, specialmente da quelli di sinistra.

L’Italia per troppo tempo è stata lasciata abbastanza sola dall’Europa a gestire questo fenomeno che è epocale. Sì ed il governo italiano ha fatto proposte significative sul tema. Abbiamo bisogno di aprire percorsi più legali per i rifugiati, stabilire regole comuni e principi sul diritto di asilo in modo che le responsabilità non ricadano soltanto nei paesi di arrivo. Regole comuni sono un requisito indispensabile affinché il nostro spazio comune funzioni adeguatamente.

Alla luce delle ultime vicende in Turchia, come affrontare l’ormai strutturale fenomeno dell’immigrazione. Come si può sostenere economicamente e politicamente, ricordiamo il fiume di denaro dato al governo di Ankara per la gestione dei flussi, un paese illiberale e autoritario nonché ambiguo nella lotta allo Stato Islamico, come la Turchia nella delicata gestione dei migranti? Noi eravamo contro l’accordo col governo turco sin dall’inizio. In primo luogo, è moralmente inaccettabile “appaltare” questa enorme responsabilità umanitaria. Secondo, perché avevamo preoccupazioni molto forti circa lo stato di diritti umani in Turchia, e l’assenza di monitoraggio sulle condizioni di vita dei rifugiati. Ma gli ultimi eventi sono chiarificatori: questo accordo va cancellato. Erdogan non ha rispetto per i diritti umani e la sua unica legittimità scaturisce dalla debolezza dei governi europei. Questo patto col diavolo deve finire, o noi perderemo le nostre anime o forse molto più.

La Turchia è membro della NATO e che nell’ultimo summit tenutosi in Polonia dovrà gestire con l’Italia e la Germania la missione Resolute Support in Afganistan. A rischio di perdere definitivamente la propria credibilità, come continuare a relazionarsi con un paese sempre più ondivago nei confronti dell’Europa? La credibilità della Nato è discutibile visto le operazioni nelle quali è stata coinvolta. La responsabilità è dei suoi membri nel sapere se continuare a cooperare con un paese non-democratico. Ma la domanda che la Nato dovrebbe farsi è “cooperazione nella difesa o cosa?”. Chiaramente, la situazione in medio oriente e più particolarmente in Irak e Siria ha molto a che fare con gli interventi militari, si sostengono regimi antidemocratici e sanguinari, così come la vendita di armi a stati che noi sappiamo collaborano con l’ISIS. È discutibile se i bombardamenti continui contro l’ISIS siano la mossa militare più pertinente. Nessun intervento militare è condannato a fallire se non è appoggiato da una strategia politica e diplomatica forte. Non ci sarà nessuna soluzione per la Siria fino a quando Assad rimane al potere.

In Europa, i partiti di sinistra sono al loro minimo storico e di contro le forze delle destre conservatrici e populiste stanno avendo un aumento sempre più vertiginoso. Quali saranno, secondo lei, le nuove sfide delle sinistre per non scomparire definitivamente? I governi di sinistra fallirono nel creare l’Europa sociale quando loro erano smisuratamente maggioritari nel consiglio europeo, prima degli allargamenti del  2004 e del  2007. Mi spiace profondamente vedere la loro incapacità di comprendere i bisogni dell’Europa per garantire minimi standard sociali e fiscali, una alta protezione sociale e provvedere ad un coordinamento economico per risolvere gli squilibri significativi tra paesi diversi. Questa situazione venne fuori dall’influenza dell’ideologia neoliberale fra i partiti socialisti europei, incarnata da Tony Blair e Gerard Schröder. Oggi, gli europei non sanno dove stiamo e non hanno fiducia nella nostra abilità di rendere un’altra Europa possibile. C’è anche un sentimento crescente di impotenza politica. Le istituzioni europee hanno molta difficoltà a gestire politiche economiche eterodosse in Europa. I criteri di convergenza hanno lo stesso valore delle costituzioni. Ciò significa che è impossibile farli provenire da loro, anche se eletti democraticamente. Questo “costituzionalismo economico” rende le politiche neo-liberali le uniche possibili e riduce lo scopo di una azione possibile, e quindi la possibilità di un offerta politica alternativa. Se non si lasciano le persone a fare una scelta democratica, saranno loro a tentare di cambiare attraverso percorsi antidemocratici. In questo contesto, l’estrema destra è emersa accusando gli stranieri come gli unici  responsabili di tutto ciò che va male. La loro crescita è stata alimentata dall’aumento della tolleranza che le nostre società mostrano verso loro,  incluso i partiti democratici. I partiti conservatori hanno copiato le politiche   dell’estrema destra riguardo ai migranti, così come i partiti socialisti ne sono stati influenzati. L’ultimo esempio è la legislazione sull’immigrazione approvata mesi fa in Austria, o le recenti oltraggiose parole del primo socialista primo ministro slovacco socialista sull’Islam. Credo che abbiamo bisogno di porre fine al compromesso ideologico con la destra in Europa, e costruire coalizioni nuove con attori nuovi della sinistra. Mentre le forze di estrema destra sono esplose, sono emersi nuovi partiti di sinistra, sono apparsi partiti  di sinistra nuovi, significa che c’è una risposta di sinistra al dibattito corrente. Dobbiamo avere la consapevolezza che stiamo arrivando alla fine di un ciclo politico della sinistra. In questi momenti di incertezza, abbiamo bisogno di creare le condizioni per un compromesso nuovo sulla sinistra con i partiti verdi, movimenti di forze radicali di cittadini, la società civile. Questo vuol dire parlare l’un con l’altro, lavorando insieme su alcune questioni, creare campagne comuni.

Cosa pensa del TTIP, Trattato Transatlantico sul Commercio e sugli Investimenti? Penso che dovremmo fermare i negoziati. Questo trattato è stato truccato sin dall’inizio. Che genere di sistema democratico permetterebbe a società di chiamare   in giudizio governi democratici impedendo loro l’approvazione di una legge che mette in pericolo i loro interessi? Non c’è nessuna garanzia che TTIP porterà un aumento di lavoro in Europa, potrebbe benissimo distruggere posti di lavoro, impedendoci la protezione della nostra economia localeRealmente non penso che il futuro dell’economia è avere più scambi commerciali, ma creare le condizioni. Abbiamo bisogno di trattati per promuovere l’economia locale e la produzione dei beni sostenibili, con condizioni di lavoro decenti. È l’unico modo per creare lavoro domani e proteggere il pianeta in cui viviamo. Sullo stesso tema, penso che gli  stati membri non dovrebbero ratificare CETA che è basato sugli stessi principi e sta giungendo a conclusione.

In che cosa, secondo lei, la sinistra italiana sta sbagliando? Se guardiamo all’opposizione fatta dalla sinistra francese alla “Loi travail” e la paragoniamo all’opposizione “morbida” fatta in Italia per lo “Job act”, la sinistra italiana appare poco combattiva rispetto a scelte importanti. Ogni Paese ha una storia e una realtà sociale diversa. In Francia, le questioni sociali sono particolarmente rilevanti nel dibattito politico. Sono le questioni sulle quali la sinistra è sempre giudicata quando è al governo. Ma la massima mobilitazione che abbiamo conosciuto contro il governo non si è riferita soltanto alla legge in sé.  Delusione e frustrazione sono molto significative riguardo all’azione del governo francese su molti temi. L’ultimo è stato il dibattito aperto da François Hollande sulla privazione di cittadinanza, questione che ha colpito molte persone che pensavano che le divisioni fra socialisti non potevano essere riferite a problemi di diritti umani. In Italia, credo che la piattaforma programmatica di Renzi sia più chiara e il sentimento di tradimento non è lo stesso. Le ultime elezioni amministrative hanno preoccupato molto specialmente riguardo l’indirizzo di voto dei lavoratori e dei giovani che chiaramente stanno rifiutando la politica di Renzi. Anche in Italia i cittadini vogliono una comprensione più chiara di quello che le sinistre sostengono, così come il movimento ed il suo interesse.

Quale è il bilancio di questi giorni in Sicilia? Cosa resta di YES Summer Camp 2016? Lottare per un mondo migliore richiede una fede profonda nell’umanità che è scossa ogni giorno. Attacchi, razzismo, apatia politica, la delusione verso i nostri partiti politici rende qualche volta difficile per i giovani socialisti continuare a lottare per le proprie idee. Per i 1000 giovani presenti a Città del Mare, me inclusa, questi cinque giorni sono stati come respirare di nuovo. Io spero che i leader europei che ci hanno raggiunto abbiano sentito la nostra voce: loro hanno bisogno di scuotersi se noi vogliamo salvare l’idea di Europa. Il momento più commovente è stato la cerimonia conclusiva. Abbiamo cantato insieme le belle canzoni socialiste come Pane e Rose, Il Popolo unito non sarà mai sconfitto, Bella Ciao e l’Internazionale mentre molte persone pagano un tributo di vite perse nel Mediterraneo. Cantare insieme è un ricordo vibrante di ciò che la nostra storia ha fatto: lotte, unione e la profonda convinzione che il domani può essere migliore di oggi. (di davide bruno)