I problemi che frenano il sud analizzati alle “Giornate dell’Economia del Mezzogiorno”

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Il mercato del lavoro in Sicilia sta vivendo un debole momento di ripresa, ma il tasso di disoccupazione è sempre molto alto, ossia pari al 22,3%, senza contare tutti coloro che, ormai scoraggiati, hanno definitivamente rinunciato a cercare un’occupazione. Nell’isola inoltre, nel periodo più acuto della crisi economica, tra il 2008 e il 2014, sono state espulse dal contesto lavorativo oltre 160mila persone, e attualmente sono riuscite a trovare un reinserimento appena 60mila unità. Il reddito pro-capite di un siciliano poi, è di circa 14mila euro annui, ossia metà del reddito nazionale e addirittura 1/3 di quello di un abitante del Trentino. Sono questi alcuni dei dati più allarmanti emersi nel contesto della XI edizione delle “Giornate dell’Economia del Mezzogiorno”. E, nella mattinata odierna, presso la facoltà di ingegneria di Palermo, l’argomento centrale è stato: “I centri di ricerca del Mezzogiorno si confrontano su: informazione, reti, innovazione”.

Aprire i lavori è toccato a Fabio Mazzola, prorettore vicario dell’Università degli Studi di Palermo, che ha evidenziato come la rivoluzione digitale stia radicalmente modificando sia il modo di produrre che i consumi e come, per chi rimane tagliato fuori da queste innovazioni, le diseguaglianze diventino sempre più marcate. “Guardando ai dati, il divario tra nord e sud, in tale ambito è pari a circa il 10%” ha spiegato Mazzola.

Secondo Pietro Busetta, presidente del Comitato Scientifico delle “Giornate dell’Economia del Mezzogiorno”, uno dei problemi del sud, è quello di non avere una classe dirigente virtuosa. “Finora – ha detto Busetta – le classi dirigenti che si sono succedute, hanno pensato quasi esclusivamente a consolidare le posizioni dominanti, impedendo di far arrivare le risorse all’esterno della loro area di azione, piuttosto che attivarsi per il bene comune. Solo così si spiega come mai – ha proseguito – al sud, su 21 milioni di abitanti, soltanto 6 milioni risultino occupati, anche se poi c’è chi ha due o più lavori e chi opera nel sommerso; situazione che ha determinato la creazione di una fascia di ‘disperati’ la cui unica possibilità resta l’emigrazione”.

Francesco Saverio Coppola, segretario generale dell’associazione internazionale Guido Dorso, ha invece identificato una delle ragioni delle difficoltà del Meridione nella mancata trasformazione del capitale umano in capitale sociale. “L’uomo del Mezzogiorno deve prendere coscienza come collettivo, non più come singolo. Inoltre, sappiamo perfettamente quali sono le lacune e quali le necessità del Mezzogiorno ma occorre – ha proseguito Coppola – anche una classe dirigente in grado di negoziare i programmi di sviluppo per il sud e usare adeguatamente i finanziamenti disponibili”.

Vari elementi raccolti dalla Banca d’Italia sull’economia siciliana sono stati poi illustrati da Giuseppe Ciaccio che ha sottolineato come uno dei settori che ha sofferto, e continua a soffrire maggiormente, sia quello delle costruzioni, un tempo comparto trainante, attestato al 10%, mentre oggi scemato al 4% con cali notevoli specialmente per le imprese specializzate in opere pubbliche. Tiene invece il manifatturiero, ma soltanto per le aziende che esportano, mentre la spesa per gli investimenti resta molto debole. “In Sicilia – ha aggiunto l’esponente della Banca d’Italia – le esportazioni sono appena il 3% del complesso nazionale, poca roba davvero. Per il settore turistico invece, il 2018 è stato un anno di luci e ombre, considerando le case in affitto o i b&b non regolari che finiscono per avere un peso negativo sull’economia complessiva”. Per il terziario, che in Sicilia riguarda circa l’82-83% del pil, (in prevalenza si tratta di pubblico impiego), il cablaggio è ancora ridotto e la connessione molto lenta, ha fatto ancora notare Ciaccio.

Di discrasie tra ciò che si dice e ciò che concretamente si fa, ha parlato Antonio Corvino, direttore dell’osservatorio banche e impresa (Obi), affermando che, in un momento di crescita economica nazionale, tra il 2015 e il 2017, la forbice tra nord e sud è praticamente rimasta invariata. Esaminando poi il decremento del settore delle costruzioni, Corvino ha dedotto che “poiché l’Italia sta vivendo un momento di forte calo demografico e che in aggiunta molti giovani scelgono di trasferirsi all’estero, il comparto dell’edilizia abitativa deve essere radicalmente ripensato, puntando sulle ristrutturazioni e sul recupero degli edifici già esistenti”.