Quella domenica di settantasette anni fa (9 maggio 1943) le sirene dell’allarme cominciarono a suonare alle prime ore del mattino. I palermitani subito cercarono un rifugio antiaereo. L’inferno dei 211 bombardieri americani cominciò poco dopo mezzogiorno e durò ben sette ore. La città in poco tempo diventò un cumulo di macerie e di morti.
Ovunque donne disperate che urlavano, bambini che piangevano. Palermo venne scoperchiata, terrorizzata, sventrata nelle scuole, nelle chiese, negli ospedali, nelle abitazioni civili. La furia dei “liberatori” non risparmiò nemmeno il patrimonio artistico.
Nell’era di Internet e di Twitter le profonde ferite del secondo conflitto mondiale fanno ancora “bella” mostra lungo il corso Vittorio Emanuele, via Alloro, via Scopari, alla Vucciria, all’Albergheria.
Ancora oggi molti edifici portano i segni di quell’evento. Così Palermo rischia di entrare nel Guinnes dei primati, l’unica città al mondo ad avere ancora questi scempi causati dalla guerra. Il Palazzo Valdina (nelle foto) è una delle vergogne di Palermo. La dimora di via Protonotaro ha accolto le più belle teste coronate d’Europa. Oggi, purtroppo, vive malinconicamente nel degrado, sotto gli occhi di tutti, anche dei turisti.
Una vergogna a pochi passi dal Tempio dei Re. In quel maledetto 1943 il palazzo venne centrato da un paio di bombe che distrussero le due ali che si affacciano su via Protonotaro e corso Vittorio Emanuele. Da quel momento l’edificio è rimasto deturpato, senza perdere però l’antico fascino. Nel cancello d’entrata campeggia un grande cartello con la scritta “Pericolo di crollo”.
Sempre lungo il Cassaro, al numero civico 383, non sta meglio palazzo Geraci, un gioiello marvugliano. Le tremende ferite dei bombardamenti del ’43 si offrono ben visibili allo stupore dei passanti da questa arteria. Con interventi mirati l’edificio potrebbe essere riportato all’antico splendore. Intanto uno dei proprietari per non pagare l’Imu ha messo in vendita il piano nobile.
Il Cassaro nel passato era oggetto di grande attenzione da parte dell’amministrazione comunale; spesso venivano emanate leggi che imponevano ai proprietari precise regole per la manutenzione degli immobili. La severa fiscalità era dovuta al fatto che occorreva mantenere alto il decoro della strada principale di Palermo perché molta frequentata dai viaggiatori stranieri. I nobili facevano a gara per abbellire sempre di più le facciate e anche le monache dei vicini conventi investivano gran parte delle risorse negli immobili. Oggi non è più così e i proprietari attanagliati da problemi finanziari non hanno più risorse per dare luce alle dimore.
Chi passa da piazza Garraffello si fa prendere dalla tristezza a guardare i resti dei palazzi Rammacca e Mazzarino. Questi due scheletri edilizi danno l’immagine di uno sfacelo inquietante. La Vucciria, Il quartiere popolare più celebre di Palermo, è in piena crisi, vuoto di esercenti e di abitanti, con un vasto patrimonio edilizio – fra cui è eccezionale quello a carattere monumentale – in gran parte degradato, in parte crollato, ma meritevole di recupero e riutilizzo.
Nel pentolone del più mortificante degrado c’è palazzo Giallongo dell’Albergheria. La struttura per l’impostazione organica della facciata rivela la mano di un architetto importante dell’epoca. Gioielli del passato abbandonati che aspettano a distanza di trequarti di secolo qualcuno che li rimetta a nuovo.