Cala la mannaia del Consiglio dei ministri sul Comune di Corleone. L’amministrazione comunale è stata sciolta per mafia questo pomeriggio, su proposta del ministro dell’Interno Angelino Alfano. Alla base della decisione, sembra ci sia l’indagine collegata all’arresto, avvenuto nel 2014, di un dipendente comunale, Antonio Di Marco, indicato dagli inquirenti come il nuovo capo mandamento.
L’uomo, custode del campo sportivo dove si sarebbero svolti anche summit di mafia, in alcune intercettazioni avrebbe fatto riferimento alla possibilità di fare pressioni presso gli uffici comunali per pilotare i lavori per un impianto sportivo polivalente.
La decisione di oggi era in qualche modo nell’aria da mesi. Nel gennaio scorso, infatti, fu lo stesso Alfano a rendere pubblico il fatto che era stato decisa una ispezione con accesso agli atti dell’amministrazione corleonese. Oggetto di particolare interesse, per gli investigatori, fu proprio l’assegnazione di alcuni appalti come quello relativo alla costruzione di un impianto polivalente nei pressi del campo sportivo. In quello stesso giorno, Alfano, infatti, aveva chiesto e ottenuto lo scioglimento per infiltrazioni della criminalità organizzata di altri tre comuni siciliani (Scicli, Giardinello e Mazzarrà Sant’Andrea).
L’ingresso degli ispettori del Viminale a Corleone aveva sorpreso il sindaco Lea Savona che era stata ascoltata dalla commissione regionale Antimafia. “Avrò peccato di leggerezza, inesperienza, di qualche sbavatura, ma non posso essere considerata vicina ad ambienti mafiosi. Rinnegherei il nome che porto e mi dissocerei dalla mia stessa famiglia se mio fratello fosse coinvolto in qualche organizzazione” – si era difesa il primo cittadino. A distanza di sette mesi e mezzo è arrivata, però, la drastica decisione di Palazzo Chigi.
“Quello che è accaduto a Corleone, purtroppo, non stupisce: è il triste esito di una vicenda che era apparsa fin dall’inizio difficilmente recuperabile” – ha commentato il segretario regionale del Pd Fausto Raciti.