Dario Piombino-Mascali, antropologo ed esperto delle mummie siciliane, dal 2018 vive a Vilnius, in Lituania, per una parte dell’anno. E’ ricercatore capo di antropologia alla facoltà di medicina.

L’epidemia del Coronavirus lo ha bloccato proprio nella capitale baltica, anche se per lo studioso siciliano di Messina quella di rimanere è stata una scelta responsabile: “A seguito dei decreti promulgati dal Governo italiano, anche la Lituania ha adottato alcune misure straordinarie di contenimento del virus, come quella di chiudere i confini, le attività commerciali non indispensabili e, ovviamente, quelle ricreative. Mentre questi provvedimenti venivano avviati anche qui, mi ero inizialmente posto il problema se ritornare o meno. Ci ho riflettuto, ma in realtà molto poco: il passaggio da mezzo in mezzo, gli scali in aeroporto e tutto quello che concerne lo spostamento avrebbe esposto me, e soprattutto gli altri, a un elevato rischio di contagio”.
Coronavirus permettendo, lei ha comunque in programma di ritornare in Sicilia, dove ha in corso molti progetti?
“Tornare nella mia isola, luogo di affetti e centro privilegiato delle mie ricerche, sarà la prima cosa che farò non appena cesseranno i rischi”.
Che cosa riguardano i suoi progetti siciliani?
“Oltre al restauro di diverse mummie, in accordo con il dipartimento regionale dei Beni culturali, continueremo a investigare le necropoli della Sicilia orientale nel corso dei mesi estivi”.
Torniamo invece alla Sicilia più intima, a quella degli affetti, dei paesaggi, che lei non manca mai di sottolineare nelle interviste, nei suoi libri. Che immagine ha di questo luogo custode di emozioni visto da lontano, al tempo del coronavirus?
“Devo ammettere di essere piuttosto sconcertato quando leggo dei comportamenti irresponsabili di gente che non rispetta le regole, inficiando di fatto il sacrificio di tanti siciliani che invece le seguono. È in questi momenti che bisogna mettere da parte polemiche e personalismi e continuare a credere nelle istituzioni. Devo anche aggiungere che sono profondamente toccato dall’impegno di tanti amici che in Sicilia si spendono per gli altri, mettendo a disposizione le proprie risorse professionali, culturali e intellettuali per combattere questa battaglia”.
Le immagini di città vuote in tutto il mondo stanno diventando uno dei simboli che caratterizzano questo periodo di pandemia. A lei che impressione fa vedere Vilnius quasi deserta?
“Non avevo mai visto una città così disabitata, neanche quando fa molto freddo. Al tempo stesso, però, così sgombera, il luogo si palesa nella sua incredibile bellezza. Sono sempre stato amante dell’architettura di Vilnius, ma, per quanto mi riguarda, mi ritrovo adesso ad apprezzarne molto di più i particolari. A volte mi sembra di passeggiare insieme con la bellezza”.
È ancora possibile, quindi, passeggiare a Vilnius? Quali sono le restrizioni adottate dal governo?
“Anche qui abbiamo il divieto di assembramento, ma non quello di uscire da casa, a patto che si utilizzino mascherina e guanti. Da quando però sono state emesse le ordinanze, la paura della gente (anche dovuta all’aumento dei casi) e il senso di disciplina che caratterizza il popolo lituano hanno fatto sì che le persone prendessero quasi alla lettera il suggerimento di restare in casa”.
Come trascorre le sue giornate?
“Al momento mi è ancora consentito accedere al laboratorio, dove stiamo completando lo studio della nobile famiglia dei Radvila, di due celebri vescovi lituani e dei resti umani pertinenti ai totalitarismi del XX secolo. Del mio gruppo di ricerca siamo rimasti a lavorare solo in tre. Gli spazi a nostra disposizione dell’edificio otto-novecentesco, che ospita uno tra i più importanti centri per lo studio dei resti umani in Europa, del resto, sono enormi e consentono di distanziarsi l’un l’altro”.
Che cosa farà quando metteremo tutti fine a questo capitolo della nostra vita?
“Incrementerò quello che faccio per la mia nazione e per la mia Sicilia, dove si trovano le persone che per me contano di più al mondo”.