Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella a Palermo, in occasione del trentesimo anniversario dell’assassinio del giudice Rosario Livatino, ha partecipato alla cerimonia commemorativa a palazzo di giustizia nel corso della quale sono intervenuti, tra gli altri: il presidente della Corte d’Appello di Palermo, Matteo Frasca; il procuratore generale della Corte d’Appello di Palermo, Roberto Scarpinato; don Giuseppe Livatino, postulatore della causa di beatificazione; il giornalista Felice Cavallaro; il presidente emerito della Corte Costituzionale, Gaetano Silvestri; il primo presidente aggiunto della Corte di Cassazione, Margherita Cassano; il presidente di Sezione della Corte di Cassazione, Guido Raimondi; il prefetto Giuseppe Forlani.
Ad accogliere il presidente Mattarella davanti a palazzo di giustizia il presidente della regione Nello Musumeci, il presidente dell’Ars Gianfranco Miccichè e il sindaco Leoluca Orlando
In platea – allestita nel grande atrio al primo piano – anche il procuratore della Repubblica Francesco Lo Voi, capi delle Procure di Trapani, Agrigento e Termini Imerese, rispettivamente l’aggiunto Maurizio Agnello (facente funzione), Luigi Patronaggio e Ambrogio Cartosio e il presidente vicario (facente funzione) del tribunale di Palermo, Alfredo Montalto.
Mattarella ha anche visitato il “bunkerino” che all’interno del palazzo di Giustizia di Palermo ospita, negli uffici che furono di Falcone e Borsellino, l’omonimo museo intestato ai due magistrati e allestito e curato anche grazie ad uno dei collaboratori più preziosi dei due magistrati, Giovanni Paparcuri.
“Quando venne assassinato Rosario Livatino era un giovane giudice di 38 anni che aveva dimostrato una umanità profonda e una grande preparazione. Un giudice che nonostante le minacce non ha voluto la scorta: non posso coinvolgere padri di famiglia nel mio destino disse ai suoi superiori”. Lo ha detto don Giuseppe Livatino, postulatore della causa di beatificazione del giudice nel corso del convegno organizzato dalla associazione nazionale antimafia al Tribunale di Palermo.
“Di Rosario Livatino ci sono pochissime foto. Nessuna intervista rilasciata. La sua preparazione era invidiabile – ha aggiunto don Livatino – Ha anticipato con le sue inchieste la tangentopoli siciliana”.
Il 3 ottobre 2018 nella chiesa Sant’Alfonso di Agrigento, con l’ultima sessione pubblica, vennero apposti i sigilli ai plichi contenenti gli atti raccolti nella fase diocesana del processo. Questi atti, nel novembre 2018, vennero poi trasferiti a Roma dove attualmente si trovano, presso la Congregazione delle cause dei santi, per essere esaminati. Per la fase romana del processo, l’arcivescovo di Agrigento, Francesco Montenegro, con il consenso dell’Associazione Amici del Giudice Rosario A. Livatino che avevano richiesto l’introduzione della causa con la nomina del postulatore per la fase diocesana nella persona di don Giuseppe Livatino, ha nominato un nuovo postulatore. Si tratta del vescovo di Catanzaro-Squillace, monsignor Vincenzo Bertolone, già postulatore della causa di beatificazione di don Pino Puglisi.
“Questa commemorazione cade in uno dei momenti più difficili della magistratura italiana con l’attuale indagine sul caso Palamara che ha fatto emergere le patologie del sistema e trasversali responsabilità collettive”. Lo ha detto il procuratore generale presso la Corte d’appello di Palermo Roberto Scarpinato. “Livatino come altri magistrati ha pagato l’isolamento etico e professionale”, ha aggiunto Scarpinato. (Foto Italpress)