Il vino più antico d’Italia si produceva 6.000 anni fa in Sicilia

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E’ stato prodotto sotto il sole della Sicilia, quasi 6.000 anni fa, il vino più antico d’Italia e di tutto il Mediterraneo occidentale. I residui sono stati individuati in una giara dell’Età del Rame rinvenuta in una grotta del Monte Kronio, vicino Agrigento.

A condurre le analisi è stato un gruppo internazionale di ricerca coordinato dall’archeologo Davide Tanasi dell’Università della Florida Meridionale, a cui hanno preso parte anche il Consiglio nazionale delle ricerche, l’Università di Catania e gli esperti della Soprintendenza ai Beni Culturali di Agrigento.

La scoperta, pubblicata su Microchemical Journal, dimostra che la viticoltura e la produzione di vino in Italia sono più antiche del previsto: non sarebbero cominciate nell’Età del Bronzo, come ipotizzato finora, bensì quasi 3.000 anni prima.

“Ricerche precedenti avevano rinvenuto in Sardegna dei semi di malvasia datati tra il 1.300 e il 1.100 a.C., ma questi reperti attestano solo la pratica della viticoltura. La nostra ricerca, invece – spiega Tanasi all’agenzia di stampa Ansa – identifica i residui della fermentazione, che implicano non solo la viticoltura, ma anche la produzione vera e propria del vino”.

Le tracce di acido tartarico e dei suoi sali ritrovate nella giara non permettono di sapere se quell’antichissimo vino era rosso o bianco. Anche l’identikit dei suoi produttori non è ancora ben definito: “Sappiamo che questi territori erano abitati da comunità di agricoltori e allevatori, in cui iniziava a prendere piede la produzione tessile – precisa l’archeologo – mentre non abbiamo grandi evidenze di metallurgia”. In questo quadro la “viticoltura rappresenta un’importante novità di cui dovremo valutare l’impatto economico, perché il vino era un bene prezioso che poteva anche essere oggetto di commercio, così come la giara in cui era contenuto”.

Quelle della grotta del Monte Kronio, scoperte nel 2010 durante una difficile esplorazione archeo-speleologica, “venivano probabilmente usate in un contesto sacro, per contenere cibi con cui onorare le divinità della montagna”. Oltre a quella contenente il vino, ne sono state analizzate altre cinque, che presentano residui di grassi animali e vegetali lasciati probabilmente da stufati e zuppe.

“Al momento – aggiunge Tanasi – stiamo studiando anche altri campioni simili, provenienti da vari siti siciliani delle province di Agrigento, Catania e Siracusa: il nostro obiettivo è ricostruire le ricette preistoriche che formavano la dieta di queste popolazioni”. (Foto Ansa)