La Dia confisca beni per oltre 20 milioni all’imprenditore di Palermo Salvatore Vetrano

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La Dia di Palermo ha eseguito un’ordinanza di confisca dei beni per un valore di oltre 20 milioni di euro sono a Salvatore Vetrano, imprenditore palermitano di 48 anni, ritenuto vicino a elementi di spicco di cosa nostra.

Si tratta di aziende, beni immobili e conti correnti già sottoposti a sequestro tra il 2013 e il 2014. Il decreto è stato emesso dal Tribunale di Palermo – Sezione Penale e Misure di Prevenzione – presieduto da Raffaele Malizia.

Secondo gli inquirenti la carriera criminale di Vetrano ha inizio a luglio del 1999 quando, con suo padre Giacomo, è stato raggiunto da un’ordinanza di custodia cautelare perché, al fine di procurare profitto anche ai componenti della famiglia mafiosa palermitana di “Corso Calatafimi”, aveva ricevuto e nascosto, in una cella frigorifera di un’azienda riconducibile a lui e al genitore, il carico di pesce proveniente da una rapina ai danni di un autotrasportatore. Nel febbraio 2002, è stato invece arrestato perché ritenuto responsabile di aver rapinato un carico di pesce congelato, in concorso con altre persone organiche a cosa nostra.

Salvatore e Giacomo Vetrano, in un’ordinanza di custodia cautelare in carcere del febbraio 2005, che peraltro ha raggiunto noti esponenti di cosa nostra (Benedetto Graviano e Cesare Lupo), sono stati citati quali soggetti vicini all’organizzazione mafiosa.

Nel giugno 2012, nonostante fosse stato sottoposto ad avviso orale da parte del questore di Palermo (avendo riportato, fra l’altro, condanne definitive per ricettazione e rapina), è stato arrestato per tentato omicidio nei confronti dell’imprenditore Giuseppe Toia. La Dia di Palermo ha dimostrato come Vetrano avesse acquisito “un consistente patrimonio immobiliare e costituito numerose aziende (operanti nel settore del commercio di prodotti alimentari), anche beneficiando di finanziamenti comunitari erogati dal Fondo Europeo per la pesca in Sicilia, nonché sottraendo a tassazione ingenti ricavi imponibili, frutto della propria attività commerciale”.

Inoltre, la Dia ha provato “la contiguità di Vetrano ad elementi di spicco di cosa nostra – Gianfranco Puccio e Giuseppe Salvatore Riina, figlio di Salvatore – e documentato come la sua scalata imprenditoriale fosse inserita all’interno di una commistione di interessi tra attività di impresa ed attività mafiosa traendo, in un settore strategico del circuito dell’economia legale, sostegno, consenso ed ampia visibilità”.

La Dia ha quindi confiscato l’intero capitale sociale e il compendio aziendale di 5 società di capitali, tra cui la “Veragel srl” di Carini, attive nel settore della commercializzazione di prodotti ittici e in quello immobiliare; 13 immobili, tra cui appartamenti, magazzini e terreni a Palermo, Carini, Trabia, Marsala e Sciacca; i corrispettivi delle vendite di 1 immobile, di 2 imbarcazioni da diporto, di 2 motori fuoribordo da 250CV e di 1 autovettura; i libretti nominativi ordinari, conti correnti bancari, depositi a risparmio, investimenti assicurativi e rapporti finanziari.

Il Tribunale di Palermo ha anche applicato a Vetrano la misura della sorveglianza speciale per due anni e sei mesi.