E’ sempre ancorata a tre miglia dal porto di Pozzallo la nave cargo Alexander Maersk, battente bandiera danese, con più di cento migranti a bordo, in attesa di essere autorizzata ad attraccare. In Prefettura e Capitaneria di porto di Pozzallo sono in attesa di un via libera dal ministero dell’Interno e dal ministero delle Infrastrutture che finora non è arrivato.
Sabato si è registrata una evacuazione medica per due migranti: una donna incinta all’ottavo mese di gravidanza e una bambina di 8 anni disidratata e con gastroenterite. Insieme con loro due sono stati portati a terra la figlia minorenne della donna e la madre e il fratello della bambina. Per il medico marittimo Vincenzo Morello che ha proceduto all’evacuazione e che ha avuto modo di controllare lo stato medico di altri migranti a bordo “la situazione è sotto controllo e non ci sono particolari casi d’allarme”.
Il Ministro dell’Interno maltese a Toninelli: “Dall’Italia vera disumanità”
“Fino a quando la Lifeline è stata nella zona Sar di Libia e vicino all’Italia (Lampedusa), solo silenzio da parte di Danilo Toninelli. Poi se ne è accorto all’improvviso quando la nave ha attraversato la Sar di Malta. Perché non sono stati messi in porto subito dall’Italia come sta chiedendo a Malta? Questa è la vera disumanità”. Lo scrive in italiano su Twitter il ministro dell’Interno maltese Michael Farrugia, replicando alle parole dei giorni scorsi del ministro dei trasporti Toninelli.
Toninelli risponde su Twitter al ministro dell’Interno maltese
“Ricordo al ministro dell’Interno maltese che l’Italia non coordinava l’operazione #Lifeline. In più negli ultimi 4 anni la nostra Guardia Costiera ha salvato nel Mediterraneo ben 600mila vite umane. Molte di più di Malta e di tutti gli altri paesi Ue. Ora mi dica chi è disumano!?”. Così il ministro delle infrastrutture Danilo Toninelli su Twitter.
Annuncio di “mailbombing” alla guardia costiera
La casella di posta della Guardia costiera italiana rischia di essere presa d’assalto dopo la diffusione sui social di una lettera-appello anonima che invita il popolo del web a tempestare di messaggi il Corpo specializzato della marina militare. Il “mailbombing” è iniziato domenica mattina.
“Richiesta di immediato ripristino delle operazioni di soccorso in mare nei riguardi delle navi ong”, è l’oggetto della missiva. “Apprendiamo che la Guardia costiera italiana ha, nella giornata di venerdì 22 giugno, diffuso una nota, rivolta ai comandanti delle imbarcazioni che si trovano nella zona antistante la Libia, in cui si precisa di “rivolgersi al Centro di Tripoli ed alla Guardia costiera libica per richiedere soccorso”, si legge. “Facciamo appello al rispetto delle Convenzioni di diritto del mare, ma anche al profondo senso di umanità che ha sempre contraddistinto la Guardia Costiera Italiana: non si esima ora dalla salvaguardia delle persone, nel rispetto delle Convenzioni internazionali di diritto del mare e a garanzia dei diritti fondamentali dell’uomo”, continua la lettera, in cui vengono citati “i dati dell’Unhcr: sono già più di mille i Migranti morti nel Mediterraneo, di cui ben 220 persone tra il 19 e il 20 giugno”. Gli hashtag dell’iniziativa sono #apriteiporti e #saveisnotacrime.
Appello alla Guardia Costiera di Boldrini e Nicolini
Un appello al Comando generale delle Capitanerie di Porto e “alle loro coscienze” per chiedere l’immediato ripristino delle operazioni di soccorso in mare nei riguardi delle Ong e’ stato inviato oggi via e-mail da moltissime persone che hanno aderito all’invito lanciato attraverso i social. La petizione e’ stata firmata, tra gli altri, dall’ex presidente della Camera Laura Bodrini e dall’ex sindaco di Lampedusa Giusi Nicolini. “La Guardia Costiera italiana – sottolinea il documento – ha sempre svolto importanti operazioni di soccorso in mare portando in salvo migliaia di persone, operando anche al limite delle acque libiche. Ci chiediamo perché oggi delegando alla Libia, Paese con Governo instabile, non in grado di garantire i diritti fondamentali dell’uomo e ancora priva di una Centrale operativa nazionale di coordinamento degli interventi di soccorso in mare, il vostro Corpo, pur eseguendo un comando, intenda vanificare l’importante operato fin qui svolto e contravvenire alla Convenzione Sar siglata ad Amburgo nel 1979 ed alla Convenzione Onu sul diritto del mare del 1982”.
L’appello ricorda che sulla Guardia Costiera Libica pesano pesanti accuse di “condotte violente durante le intercettazioni in mare e collusione con i trafficanti”, come evidenziato da un recente Rapporto di Amnesty International e “sono in corso indagini da parte del Tribunale penale internazional”. Inoltre, il Tribunale di Ragusa nel caso Open Arms, ha precisato che le responsabilità di ricerca e soccorso non possono essere delegate a Paesi che non sono in grado di offrire porti sicuri, come appunto la Libia. Le operazioni di soccorso – sottolinea ancora il documento – si devono concludere in un porto sicuro nel più breve tempo possibile, sempre in rispetto della Convenzione Sar”.
Dopo avere ricordato che “in base ai dati forniti dall’Unhcr sono già più di mille i migranti morti nel mediterraneo, di cui ben 220 persone tra il 19 ed il 20 giugno. Morti che continueranno purtroppo ad aumentare se la nostra Guardia Costiera porrà fine alle sue missioni”, i firmatari concludono: “Facciamo appello al rispetto delle Convenzioni di diritto del mare, ma anche al profondo senso di umanità che ha sempre contraddistinto la Guardia Costiera Italiana: non si esima ora dalla salvaguardia delle persone, nel rispetto delle Convenzioni internazionali di diritto del mare e a garanzia dei diritti fondamentali dell’uomo”.
Il prof. Sinagra: “La bandiera delle navi indica lo Stato che deve accoglierle”
“Le navi che solcano i mari battono una Bandiera. La Bandiera non è una cosa meramente folkloristica o di colore. La Bandiera della nave rende riconoscibile lo Stato di riferimento della nave nei cui Registri navali essa è iscritta (nei registri è indicata anche la proprietà pubblica o privata)”. Lo dice in una intervista al Giornale d’Italia il professor Augusto Sinagra, docente di diritto internazionale.
“La nave è giuridicamente una “comunità viaggiante” o, in altri termini, una “proiezione mobile” dello Stato di riferimento. In base al diritto internazionale – spiega Sinagra – la nave, fuori dalle acque territoriali di un altro Stato, è considerata “territorio” dello Stato della Bandiera. Dunque, sulla nave in mare alto si applicano le leggi, tutte le leggi, anche quelle penali, dello Stato della Bandiera”.
“Il famoso Regolamento UE di Dublino prevede che dei cosiddetti “profughi” (in realtà, deportati) debba farsi carico lo Stato con il quale essi per prima vengono in contatto. A cominciare dalle eventuali richieste di asilo politico. Non si vede quale sia la ragione per la quale una nave battente Bandiera, per esempio, tedesca, spagnola o francese, debba – d’intesa con gli scafisti – raccogliere i cosiddetti profughi appena fuori le acque territoriali libiche e poi scaricarli in Italia quando la competenza e l’obbligo è, come detto, dello Stato della Bandiera. Siccome lo Stato con il quale per primo i cosiddetti profughi vengono a contatto e’ quello della nave che ne batte la bandiera, sarà questo Stato ad essere considerato come Stato di primo arrivo o di primo contatto, e sarà dunque questo Stato a doversi occupare dei Migranti a bordo e delle domande di asilo politico”. E a proposito di Lifeline, il docente osserva: “giuridicamente, si tratta di “navi pirata” e “ne deriva il diritto/dovere di ogni Stato di impedirne la libera navigazione, il sequestro della nave e l’arresto del Comandante e dell’equipaggio”.