Il movente dell’omicidio dell’agente Agostino e della moglie Ida Castelluccio, secondo gli inquirenti, è legato alla sua appartenenza ad un gruppo di intelligence rivelatosi infedele.
Il delitto “è ambientato nel torbido terreno di rapporti opachi tra componenti elitarie di Cosa nostra e alcuni esponenti infedeli delle istituzioni” – sostiene la Direzione investigativa antimafia di Palermo che ha portato avanti le indagini sfociate oggi nella richiesta di rinvio a giudizio Antonino Madonia e Gaetano Scotto, accusati di essere gli autori materiali dell’omicidio, e Francesco Paolo Rizzuto, sospettato di favoreggiamento aggravato.
Le indagini della Dia hanno accertato che Agostino faceva parte di una struttura di intelligence dedicata alla ricerca dei latitanti: di quella struttura facevano parte anche Emanuele Piazza, un altro poliziotto ucciso nel marzo del 1990 in circostanze mai del tutto chiarite, Giovanni Aiello, ex poliziotto conosciuto con l’appellativo di “faccia da mostro” per via del viso sfigurato da un colpo d’arma da fuoco, e Guido Paolilli, anche lui agente di polizia e “mentore – spiegano gli investigatori – di Agostino che aveva provveduto a reclutare”.
Il gruppo, composto anche da alcuni esponenti dei Servizi segreti, avrebbe poi cambiato finalità finendo con l’occuparsi della “gestione di complesse relazioni di cointeressenza tra alcuni infedeli appartenenti alle istituzioni e Cosa nostra”. Agostino, che aveva suggerito una pista per la cattura di Totò Riina a San Giuseppe Jato, secondo la Dia avrebbe compreso le “reali finalità della struttura” e se ne era allontanato poco prima del suo matrimonio: un fatto che “era stato posto a fondamento della decisione di uccidere lui e la moglie”.