Mafia, Ermes 2: Matteo Messina Denaro il “signore degli appalti” nel Trapanese

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Mafia: appalti e protezioni, blitz contro gli affari e i soldi di Matteo Messina Denaro, che non è soltanto un latitante apparentemente inafferrabile, ma anche il “signore degli appalti”, in provincia di Trapani.

L’operazione scattata all’alba e battezzata “Ermes 2”, con l’esecuzione di undici misure cautelari, frutto delle indagini degli uomini delle Squadre mobili di Trapani e Palermo e dei commissariati di Castelvetrano e Mazara del Vallo, affonda le sue radici in una più vasta inchiesta, avviata nel 2010 e conclusa con l’operazione “Ermes”, il cui obiettivo era e resta la cattura del capomafia.

Boss, prestanome, imprenditori e persino un giornalista freelance di Castelvetrano, organizzatore di iniziative antimafia: tutti al servizio, sostiene chi indaga, di un sistema affaristico solido e in grado di condizionare l’economia della provincia. Il blitz colpisce il florido sistema del superboss, la “Messina Denaro Spa”.

“Il Signore degli appalti”. Le indagini relative al sistema di comunicazioni riservate con Messina Denaro avevano già permesso di evidenziare quale figura di spicco il mazarese Vito Gondola, il quale, per assicurare al latitante tutto il supporto necessario, si era avvalso, tra gli altri, del pieno sostegno dei mazaresi Giovanni Loretta, già arrestato e condannato in primo grado, e dei fratelli Carlo e Giuseppe (tutti fratelli), nonché dell’anziano Angelo Castelli.

Giovanni Loretta, arrestato nell’operazione Ermes, aveva favorito gli incontri tra Gondola e Pietro Giambalvo, Michele Gucciardi e Domenico Scimonelli. Nella presente indagine, invece, erano Carlo e Giuseppe a organizzare gli incontri con Vito Gondola, così come gli altri erano impegnati nella gestione dei summit.

“Ermes 2” conferma, quindi, il pieno inserimento dei fratelli Loretta e delle loro aziende (Mestra e Medio ambiente) nella cosca mafiosa di Mazara del Vallo. Nella sede della Mestra di Mazara del resto sono stati organizzati incontri di mafia e affari. Importante il summit mafioso documentato dalla Squadra mobile di Trapani la mattina del 2 marzo 2010 nelle campagne tra Mazara e Castelvetrano. Presente il vecchio capo decina Antonino Marotta (deceduto il 3 aprile 2013 e ritenuto fino alla sua morte il reggente della cosca mafiosa castelvetranese) e Gondola, detto “Coffa”, reggente della cosca mazarese, incontro certamente disposto da Messina Denaro.

Tra i presenti Carlo Loretta, che aveva accompagnato Gondola e il cugino del superlatitante, Giovanni Filardo. Era chiaro che un così importante vertice dei maggiori rappresentanti delle cosche di Mazara e Castelvetrano, altro non poteva trattare che la spartizione dei proventi derivanti dall’esecuzione di appalti che avevano per oggetto la costruzione del parco eolico a Mazara del Vallo “Vento di Vino”.  Si trattava di stabilire le quote di partecipazione all’esecuzione dell’appalto, di cui Filardo era il formale contrattista con la ditta Cedelt Spa. Sui lavori vigilava il boss Gondola, reggente di quel mandamento.

L’officina dei summit e complicità. I Loretta erano inoltre direttamente impegnati nella gestione di una discarica per lo smaltimento dei rifiuti e il recupero ambientale e per lo smaltimento degli speciali, quali l’amianto. L’azienda è la Materiale edile scavi trasporti recuperi ambientali srl, (Mestra) e i suoi soci sono Grazia Maria Vassallo, coniuge di Giuseppe Loretta, e Vita Anna Pellegrino, moglie del Carlo Loretta.

La discarica agiva in regime di assoluto monopolio, non essendo state concesse altre licenze ed era in grado di condizionare le attività connesse alla edilizia pubblica e privata sul territorio di Mazara del Vallo. La sede della ditta Mestra era teatro di diversi incontri fra boss mafiosi organizzati dai fratelli Loretta. La forza e la pericolosità del gruppo mafioso mazarese sono emerse in particolare in un dialogo intercettato tra Gondola e Carlo Loretta: sorpresi a discutere in una autofficina di Mazara, apparivano in grado di avvalersi, direttamente e o indirettamente, di uomini infedeli dello Stato al fine di carpirne segreti investigativi, eludere e salvaguardare interessi economici.

Loretta, ad esempio, era riuscito a sapere che nei suoi confronti erano in corso accertamenti finalizzati proprio al sequestro della ditta Mestra: “Io ora accerto se sono le misure di prevenzione o se è un accertamento che stanno facendo a Palermo”. Numerosi sono gli incontri avvenuti nel corso delle indagini all’interno dell’autolavaggio di Castelli, dove si discuteva dell’esecuzione di alcuni sub-appalti a Mazara ed in particolare alcune opere di sbancamento nei pressi della frazione balneare di Tonnarella, ovvero all’interno del costruendo ospedale di Mazara del Vallo. L’impresa partecipò illegittimamente, come riconosciuto dal Gip, anche alla ristrutturazione dell’ospedale di Mazara, iniziata nel 2013.

Il Boss e il Giornalista. Dopo l’interdittiva del febbraio 2014, emessa dalla prefettura di Trapani nei confronti della Mestra, si verificarono alcuni atti intimidatori nei confronti delle ditte che si apprestavano a contrattare con la Cons.Coop per l’esecuzione di lavori. In particolare, la Bruccoleri di Como e la Territorio pulito di Mazara, nel marzo 2014, subirono minacce ed attentati incendiari finalizzati a non farle concorrere all’assegnazione dei lavori.

Per aggirare l’interdittiva antimafia i Loretta decisero di creare una società cooperativa, la Medio ambiente, coinvolgendo due dipendenti della Mestra, Anna Bonomo e Andrea Alessandrino, nonché Filippo Siragusa, già dipendente di imprese operanti nel settore smaltimento rifiuti e giornalista collaboratore del Giornale di Sicilia, animatore di iniziative antimafia; nel suo profilo Facebook campeggia una foto con il Pm Nino Di Matteo.

Ebbene, i tre divennero i soci della nuova società cooperativa. Siragusa da qualche tempo, collaborava con la Mestra nel procacciare attività di smaltimento di rifiuti non pericolosi ma anche la dismissione di manufatti di amianto. Costituita nel settembre 2014, la Medio ambiente, ben presto ha acquisito tutte le prescritte autorizzazioni per accedere agli appalti pubblici, nonché per poter richiedere, di volta in volta, le autorizzazioni sanitarie per la rimozione dei materiali pericolosi.

Le intercettazioni telefoniche, eseguite a carico dei soci della cooperativa, hanno permesso di confermare, spiegano gli inquirenti, “l’interesse del cronista alla gestione dell’impresa accanto ai Loretta e che conosceva perfettamente lo spessore criminale dei Loretta e del perché era stata costituita la Medio Ambiente”. Siragusa, durante una serie di incontri con Giuseppe Loretta, aveva cercato di delineare le strategie di mercato per far decollare la nuova società della quale era socio e della quale, per circa un mese dopo la costituzione, era stato anche amministratore, tentando di far confluire alcune commesse della Mestra.

Affari e Pentiti. L’indagine ha documentato anche i rapporti e gli incontri tra Gondola ed Epifanio Agate, figlio del boss deceduto Mariano, provando l’interesse della cosca per i problemi economici attuali della famiglia Agate specie dopo il sequestro della Calcestruzzi Mazara.

Epifanio Agate, per sfuggire ai rigori della normativa di prevenzione antimafia, aveva intrapreso un’attività lavorativa nel campo della vendita di prodotti ittici congelati con Francesco Mangiaracina, mazarese, cognato del collaboratore di giustizia Vincenzo Sinacori, destando anche meraviglia e critiche nell’ambiente mafioso di Mazara, dovute proprio alla “scomoda” parentela di Mangiaracina con Sinacori. I due avevano intestato le quote della My Land in parti uguali alle rispettive consorti, Rachele Francaviglia e Nataliya Ostashko.

“Ermes 2” ha disvelato, ancora una volta, il tradizionale interesse delle cosche mafiose di questo territorio verso il sistema degli appalti il cui controllo passa, generalmente, o attraverso imprese gestite direttamente da affiliati (è il caso della Mestra) oppure attraverso imprese che vengono fagocitate da Cosa nostra con l’immissione di capitali illeciti (è il caso della My Land) o ancora attraverso il metodo dell’intestazione fittizia di beni a persone insospettabili (Medio Ambiente). L’indagine, infine, ha confermato i saldi contatti tra il clan mazarese e quello di Castelvetrano e gli accordi per spartirsi gli appalti sotto le direttive del latitante Messina Denaro al quale Gondola si rivolgeva per dirimere le varie controversie insorte.

Le misure cautelari. Il Gip di Palermo Gabriella Natale, su richiesta della Dda di Palermo, ha emesso un’ordinanza di applicazione di misure cautelari personali e contestuale decreto di sequestro preventivo delle tre società coinvolte: Mestra, Medio Ambiente e My Land. In particolare, è stato disposto il carcere per Epifanio Agate, 43 anni, di Mazara del Vallo, per attribuzione fittizia di beni (quote delle società mazaresi My Land e Fishmar) e estorsione aggravata dal metodo mafioso; Carlo Antonio Loretta, nato a Ville de Tourconing (Francia), 50 anni, e il fratello Giuseppe, di Mazara del Vallo, 26 anni, per associazione mafiosa e attribuzione fittizia di beni (quote della società Mestra e Medioambinte); Angelo Castelli, 71 anni, di Mazara del Vallo, per favoreggiamento all’associazione mafiosa di Mazara del Vallo e Castelvetrano. Obbligo di dimora nel comune di residenza per Andrea Alessandrino, 43 anni, di Mazara; Filippo Siragusa, 55 anni, di Castelvetrano; Paolo Bonomo, 27 anni, di Mazara, per attribuzione fittizia di beni in concorso (per la società Medioambiente); Rachele Francaviglia, 33 anni, nata a a Palermo, Francesco Mangiaracina, 43 anni, di Mazara, Nataliya Ostashko, 39 anni, di Engels (Russia), Nicolò Passalacqua, 48 anni, di Mazara, per attribuzione fittizia di beni in concorso (per la società My Land e Fishmar). (AGI)