Mafia, smantellato il clan di Brancaccio che gestiva traffico di droga, estorsioni e imballaggi industriali. Video e Foto

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Trentaquattro misure cautelari personali nei confronti di diciassette esponenti del mandamento mafioso di Brancaccio e di altrettanti complici, e il sequestro di 42 aziende, per un valore complessivo di circa 60 milioni di euro. E’ il bilancio dell’operazione a Palermo di Polizia di Stato e Guardia di Finanza, coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica, in Sicilia, Toscana, Lazio, Puglia, Emilia Romagna e Liguria. Tra i soggetti destinatari di custodia cautelare in carcere c’è anche Pietro Tagliavia, capo del mandamento mafioso di Brancaccio e della famiglia di “Corso dei Mille”, attualmente ai domiciliari, il quale, ha coordinato e gestito al traffico di stupefacenti, al sostentamento dei detenuti e dei loro nuclei familiari attraverso la gestione della cassa comune, al sistema delle estorsioni attuate sul territorio di riferimento, alla gestione, tramite compiacenti prestanome, di un ramificato gruppo di imprese – operanti sul territorio nazionale principalmente nel settore della commercializzazione degli imballaggi industriali “pallets” – nonché del gioco del lotto abusivo nel mandamento da lui controllato.

Le indagini, eseguite in stretto coordinamento dalla Squadra Mobile e dal Gico. del Nucleo di Polizia Tributaria di Palermo, hanno consentito di fare luce su numerosi episodi di minacce, danneggiamento, estorsione, furto e detenzione illegale di armi da parte di esponenti della cosca di Brancaccio. Sono state ricostruite decine di estorsioni perpetrate ai danni sia di imprese edili impegnate in importanti lavori di ristrutturazione, sia di piccole attività commerciali storicamente attive nel territorio sul quale il clan esercita il proprio potere. Gli investigatori hanno ricostruito l’organigramma delle famiglie mafiose appartenenti al mandamento, definendo ruoli e competenze di ciascun associato e, in particolare, individuando gli elementi di vertice.

Tra questi spiccano le figure di Claudio D’Amore, Bruno Mazzara e Giuseppe Lo Porto, (fratello di Giovanni, l’operatore umanitario sequestrato da Al Qaeda nel 2012 e assassinato tre anni dopo durante un’operazione antiterrorismo degli Usa) tutti collaboratori di Tagliavia; Francesco Paolo Clemente, Francesco Paolo Mandalà, Gaetano Lo Coco, incaricati del controllo delle numerose aziende, tutte intestate a prestanome, utilizzate per realizzare le frodi di natura fiscale, conseguendo il monopolio regionale e una posizione dominante nel restante territorio nazionale nella commercializzazione degli imballaggi industriali; Giuseppe Caserta e Cosimo Geloso, rappresentanti della famiglia di “Brancaccio”; ed infine Giuseppe Mangano, Giuseppe Di Fatta e Antonino Marino, titolati rappresentanti della famiglia mafiosa “Roccella”. E’ stato documentato come i rappresentanti del sodalizio mafioso, come è prassi, abbiano voluto esibire il proprio prestigio e fornire dimostrazione della propria forza anche in occasione di una delle ricorrenti feste rionali, autorizzando l’installazione di stand espositivi e monopolizzandone i guadagni.

Nel contesto dell’indagine emerge la figura di Giuseppe Lo Porto, arrestato con l’accusa di essere l’esattore del pizzo per conto della famiglia mafiosa di Brancaccio, che si diede molto da fare nell’aprile di due anni fa dopo che l’ex presidente Usa Barak Obama ufficializzò la notizia della morte del fratello cooperante Giovanni, ucciso in un raid delle forze americane al confine tra Pakistan e Afghanistan dove si sospettava ci fossero talebani. La famiglia Lo Porto ottenne 1 milione e 200 mila euro dagli Usa, non un risarcimento ma una concessione a titolo “di favore”; una donazione “ex gratia”, una formula che non comporta alcuna assunzione di responsabilità giuridica. Fu anche Giuseppe Lo Porto, oltre ad altri suoi familiari, a tenere i contatti in quei giorni di dolore e sgomento con gli esponenti di governo e delle istituzioni parlamentari che manifestarono solidarietà e vicinanza ai parenti del cooperante ucciso.

E’ stato documentato come i mafiosi abbiano voluto esibire il proprio prestigio e fornire dimostrazione della propria forza anche in occasione di una delle ricorrenti feste rionali, autorizzando l’installazione di stand espositivi e monopolizzando i guadagni. Nei casi in cui le vittime hanno cercato di resistere alle pressioni degli associati non sono mancate le violente ritorsioni, con incendi di intere attività commerciali. Notevole la disponibilità di armi del gruppo mafioso. Tagliavia ha fornito costantemente assistenza economica ai carcerati, come dimostrano le intercettazioni e un registro riportante tutte le somme versate a favore dei singoli detenuti.

Le indagini complesse hanno permesso, inoltre, di dimostrare il totale controllo, da parte dell’associazione mafiosa, di un “gruppo imprenditoriale”, distribuito su diverse Regioni ma particolarmente radicato in Sicilia e Toscana, il quale, sistematicamente ed in forma organizzata, ha presieduto ad una molteplicita’ di reati tributari, in particolare utilizzando fatture false per decine di milioni di euro. Le aziende in questione – anche attraverso continui mutamenti degli organi societari e delle compagini imprenditoriali – si sono inoltre sottratte agli accertamenti del fisco ed alla coattiva riscossione delle imposte accertate in seguito a verifiche fiscali, arrivando a sviluppare complessivamente volumi d’affari annui, in relazione alle vendite effettivamente operate, per oltre 50 di milioni di euro, “foraggiando” senza soluzione di continuita’ la cosca mafiosa di riferimento, destinataria finale dei proventi derivanti dalla vendita degli imballaggi industriali, di fatto incassati senza il versamento di imposte. Il gruppo di imprese facente riferimento al mandamento mafioso ha, cosi’, potuto prosperare e guadagnare posizioni di mercato a discapito degli operatori corretti, diventando uno dei leader nazionali del settore, anche in virtu’ dei prezzi particolarmente concorrenziali praticati.

Polizia e Guardia di Finanza hanno sequestrato numerosi veicoli e autoveicoli utilizzati per la commissione dei reati, oltre alle aziende riconducibili agli esponenti mafiosi arrestati.

Video di Italpress