Migranti: un testimone soccorso da nave Diciotti di uno scafista dice: “Gettò la bussola in mare”

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Uno degli scafisti che guidavano il gommone soccorso il giorno prima di Ferragosto dalla nave Diciotti della Guardia costiera, durante la traversata dalla Libia alla Sicilia, “ha gettato in mare la bussola”.

A raccontarlo agli investigatori è uno dei testimoni sentiti a verbale che ha accusato i quattro scafisti finiti in carcere. Indicando uno degli scafisti il giovane testimone, come scrive il gip nell’ordinanza, ha detto: “E’ lui che ha condotto per tutto il viaggio la nostra imbarcazione. E’ la stessa persona che ha gettato in mare la bussola. Preciso che quel soggetto così come gli altri due egiziani non erano presenti all’interno dei capannoni in cui noi eravamo rinchiusi in Libia”.

“Ho avuto modo di vederli per la prima volta – racconta – sulla barca prima di partire. Preciso che ho visto il conducente dell’imbarcazione, ovvero il soggetto che ancora prima di partire parlava con i libici, ossia gli uomini armati del trafficante Abdusalam”. Sono stati numerosi i testimoni che hanno riconosciuti i quattro scafisti.

I migranti che non pagavano venivano picchiati

Ciascuno dei profughi soccorso dalla nave Diciotti della Guardia costiera ha pagato per il viaggio una somma di denaro che varia dai duemila ai quattromila euro a persona. E’ quanto emerge dal provvedimento di convalida del fermo dei quattro scafisti finiti in carcere. Come scrive il gip di Messina, che ha convalidato il fermo della Procura di Palermo, le somme “erano organizzate agli organizzatori attraverso un meccanismo ben rodato: una volta caduti nelle mani dei loro aguzzini i migranti erano messi nella possibilità di contattare i propri parenti per comunicare loro che un referente del sodalizio si sarebbe presentato per riscuotere le somme dovute”, scrive il giudice.

“I trafficanti, armati, erano soliti picchiare brutalmente coloro che non riuscivano a procurarsi quanto richiesto”, scrive il gip. Il viaggio era iniziato nella notte tra il 13 e il 14 agosto scorsi nei pressi di Bine Walid, in Libia. “I migranti, circa 200 – scrive il gip – erano stati raccolti sulla spiaggia e quindi fatti salire su dei gommoni, a gruppi di circa venti persone, per essere condotti sul barcone in legno, ormeggiato al largo, su cui avevano affrontato la traversata in totale assenza di sistemi di sicurezza”.

L’organizzazione di trafficanti di esseri umani della traversata dalla Libia alla Sicilia “era gestita da una rete di soggetti che, previo pagamento di denaro, convogliavano coloro che intendevano intraprendere il viaggio, mediante una serie di passaggi da un trafficante di esseri umani all’altro, verso il campo sulle coste libiche gestito dall’eritreo Abdiselam dove i migranti permanevano anche per mesi, esposti alle violenze dei carcerieri, fino a quando venivano fatti imbarcare”. Ecco come funziona il traffico di esseri umani, spiegato dal gip di Messina nel provvedimento di convalida del fermo dei quattro scafisti, accusati di avere guidato l’imbarcazione soccorso dalla nave Diciotti della Guardia costiera. (AdnKronos)