Migranti, visita a Lampedusa del garante nazionale dei detenuti Palma: “Situazione inaccettabile”

0
82

“Non è possibile che nell’hospot di Lampedusa dopo un anno dalla nostra denuncia ci siano ancora i water senza porte e materassi sporchi e non c’è una mensa”. Lo ha detto Mauro Palma, garante nazionale dei detenuti, che ha tenuto a Palermo una conferenza stampa, dopo la visita all’hotspot di Lampedusa assieme al garante regionale Giovanni Fiandaca.

“La situazione più preoccupante che ho trovato – ha spiegato Palma – è che le condizioni riscontrate nel centro sono le stesse di un anno fa: quelle che già avevamo denunciato al ministero dell’Interno. Tutte le indicazioni di miglioramento non sono state colte. Avevamo chiesto che gli ambienti fossero decorosi. E’ inaccettabile in Europa avere ancora bagni alla turca senza porte. Così come i materassi su cui non ci poggeremmo mai sopra e poi la carenza di spazi. Questo non toglie nulla alla professionalità delle persone, ma gli standard vanno mantenuti”.

“Abbiamo fatto una visita anche per formalizzare l’accordo con il garante regionale, perché c’è bisogno di grande attenzione sui migranti”, ha sottolineato Mauro Palma. “L’accordo di collaborazione – ha spiegato il garante siciliano dei detenuti Giovanni Fiandaca – prevede la formazione tecnica per il personale del mio ufficio sulle prassi da seguire durante i rimpatri forzati; il garante nazionale, inoltre, può delegare l’attività di vigilanza sui rimpatri”.

Il problema è anche la lunga permanenza dei migranti nell’hotspot: “La criticità maggiore di Lampedusa è la sua ambiguità – ha spiegato Palma -. Dovrebbe essere un posto dove i migranti sono identificati e poi trasferiti. E invece si viene trattenuti per tanto tempo. Sarebbe diversa la valutazione se questa situazione dovesse essere affrontata dai migranti per pochi giorni, ma è intollerabile se questi ragazzi rimangono lì per mesi. A questo punto ci si chiede se l’hotspot è un centro di detenzione, visto che i migranti non possono uscire. Mi viene detto che possono allontanarsi da un buco nella rete di recinzione”.

“Si parla di dodici giorni in media di permanenza, e sono tanti. Il giovane che si è suicidato il 5 gennaio, ad esempio, era arrivato a ottobre. Da qui emerge il problema formale: bisogna capire cosa è questa struttura a Lampedusa. E’ un centro di rimpatrio? No. E’ un hotspot? Bisogna quindi fissare i tempi e soprattutto dopo essere stato identificato devi aver il diritto di uscire e non attraverso i buchi nella rete. Più che un hotspot quello di Lampedusa assomiglia di più a un centro stabile di detenzione. Le condizioni sono al collasso”.

Palma ha avuto un incontro con il personale dell’hotspot: “Voglio sottolineare la dedizione e la competenza di chi lavora – ha aggiunto Palma – e abbiamo voluto fare una riunione con tutte le forze che vi operano. Volevamo avere tutti i punti di vista. Mi ha lasciato perplesso venire a sapere che era la prima volta che si faceva una riunione tutti assieme. Mi dispiace che ogni volta si affronti la questione di Lampedusa come un’emergenza improvvisa. Dobbiamo invece trattarla in maniera più strutturale. Al momento – ha detto il garante – ci sono 194 letti, la mensa è occupata dai materassi”. “Mangiano in piedi o seduti a terra – ha spiegato Giovanni Fiandaca, garante regionale dei detenuti -. L’impegno principale è quello di tenere contenuti i numeri affinché altri spazi possano essere recuperati”.

“Colpisce che nel 2018 mi si dica che a distanza di sette anni dall’incendio scoppiato all’hotspot di Lampedusa si stanno ancora presentando ancora i progetti per il recupero degli spazi”, ha denunciato Mauro Palma di ritorno dalla visita al centro d’accoglienza.  “Mi è stato detto anche che si perde altro tempo a causa di un vincolo paesaggistico e che per questo serve un parere persino della Sovrintendenza”, ha aggiunto.

“Ho trovato una situazione della cittadina di Lampedusa molto piu’ tranquilla di quanto dicano alcune affermazioni del suo sindaco. Rimangono però le condizioni dei migranti che non sono sicuramente buone”. L’ha detto Mauro Palma, garante nazionale dei detenuti, oggi a Palermo dopo la visita all’hotspot di Lampedusa. “Capisco al volo se c’è una particolare tensione in un posto e posso dire che ieri non l’ho assolutamente percepita a Lampedusa. Non so perché il sindaco Martello faccia queste affermazioni, come quando dice che l’isola è un ‘hotspot a cielo aperto’, e non so se lo fa in maniera strumentale. Però posso dire che non ho avvertito ieri alcuna tensione tra i cittadini dell’isola”, ha poi aggiunto il garante dei detenuti Mauro Palma. “Ieri non ci siamo visti perché il sindaco Salvatore Martello era impegnato a Roma – prosegue Palma – però ribadisco che non capisco certe sue uscite sulla presenza dei migranti”. Ieri pomeriggio Palma con altri rappresentanti dell’ufficio garante dei detenuti ha incontrato a Lampedusa anche esponenti della società civile. “E stato un incontro molto interessante – dice Palma – ci hanno detto le loro difficoltà”.

 “I ragazzi che arrivano in Sicilia dall’Africa denunciano di essere visti come altro rispetto a un’ Europa alla quale pensavo di essere molto vicini. Provano un sentimento di esclusione. Perché non esiste una via possibile per ricongiungere davvero Africa e Europa”, ha detto il garante nazionale dei detenuti, Mauro Palma. Riguardo alle condizioni dell’hotspot il garante ha aggiunto: “Se devo considerare quello che ho visto in altri hotpspot europei, devo dire che quelli italiani hanno una media quasi positiva. E’ l’idea in sé di questi non luoghi che mi lascia perplesso. A Lampedusa ho visto personale rilassato e abbastanza giovane che dialoga con le persone. D’altro canto, però, è una struttura che non prevede spazi comuni. Niente mensa né luoghi di aggregazione. Molti spazi sono degradati”. Palma ha sottolineato che “i rimpatri sono fatti con molta professionalità dal personale. C’e’ sempre il rischio di un atteggiamento di routine quando si usano strumenti contenitivi: devono esserci le caratteristiche di effettiva necessità e proporzionalità”.

“Al nostro arrivo all’aeroporto di Palermo abbiamo monitorato la procedura di rimpatrio di 34 tunisini portati da Lampedusa. Erano tutti quanti con le fascette ai polsi. Su questo abbiamo una serie di perplessità”, ha spiegato Mauro Palma. “Quando le misure coercitive come le fascette ai polsi vengono attuate come routine, abbiamo delle perplessità. Teniamo conto che ciascuno di loro viene accompagnato anche da due persone ai lati”, ha concluso Palma.