Gaetano Rampello, 57 anni, il poliziotto in servizio a Catania, che martedì scorso ha ucciso con 14 colpi di pistola, in piazza Progresso, a Raffadali, nell’Agrigentino, il figlio Vincenzo Gabriele di 24 anni, con una disabilità mentale, resterà in carcere. Lo ha deciso il gip di Agrigento Micaela Raimondo, che ha convalidato l’arresto e disposto la custodia cautelare in carcere.
“Rampello pur avendo subito aggressioni da parte del figlio, ha omesso la sua natura violenta tanto da essere stato denunciato dall’ex moglie – scrive la gip – Non è credibile la tesi di un gesto d’impeto e non premeditato. Dal video si vede, infatti, che l’arma è occultata e già scarrellata e pronta per l’uso. E’ stata un’azione pervicace, ha colpito la vittima alle spalle e quando era a terra indifesa”. Gaetano Rampello ha freddato il figlio in piazza, a Raffadali, dopo una nuova lite, a causa del fatto che il giovane aveva chiesto soldi: 50 euro.
Gaetano Rampello ha manifestato “una totale assenza di autocontrollo e di capacità di dominare le sue pulsioni e i suoi istinti primitivi e più brutali” scrive il gip di Agrigento, Micaela Raimondo, nell’ordinanza di 10 pagine con cui ha convalidato il fermo dell’uomo, disponendo la custodia cautelare in carcere. Per la giudice delle indagini preliminari di Agrigento, vi è “il concreto pericolo” che l’indagato, se rimesso in libertà, possa compiere reati simili. Un rischio che troverebbe conferma nella “brutalità del gesto compiuto”, nella “fermezza della risoluzione criminosa desumibile dal fatto che la pistola fosse pronta all’uso – con il colpo in canna – già al momento dell’incontro” e nella circostanza che “l’uomo – anche quanto la vittima era orma a terra e indifesa – ha continuato a sparare all’impazzata esplodendo ulteriori dodici colpi per poi allontanarsi” e, infine, nella “noncuranza per l’incolumità di eventuali passanti”.
Nell’ordinanza il gip ricorda, inoltre, come a carico dell’uomo, formalmente incensurato, risultino denunce per maltrattamenti in famiglia e per minaccia, “circostanze che depongono nel senso di una personalità negativa e, comunque, incline alla violenza”. In una vecchia perizia psichiatrica di Vincenzo Gabriele, infatti, emergerebbe la “personalità violenta del padre”. “Il giovane riferiva – scrive ancora il gip – che in tenera età aveva posto in essere delle condotte maltrattanti nei suoi confronti e nei confronti della madre”.
“Ho perso il controllo, ero preso dalla rabbia, dopo aver subito nel tempo numerose minacce da parte di mio figlio che, quando si arrabbiava, diventava un demonio. Ricordo di aver sparato diversi colpi. Poi ho inserito la sicura, ho messo l’arma in fondina e non ho controllato i colpi rimasti nel serbatoio”. E’ il drammatico racconto che Gaetano Rampello ha fatto agli investigatori che lo hanno interrogato.
Subito dopo l’omicidio, ripreso dalle telecamere degli impianti di videosorveglianza della zona, Gaetano Rampello si è allontanato percorrendo via Cordova, poi ha raggiunto Porta Agrigento e seduto alla fermata del bus ha chiamato i carabinieri. “Ho ucciso mio figlio”, ha detto piangendo al 112. Il giorno dell’omicidio, secondo il racconto del padre, Vincenzo Gabriele lo aveva chiamato intorno alle 3 del mattino, voleva una ricarica PostePay da 30 euro. “Davanti al mio rifiuto la sua reazione era stata particolarmente violenta”. Quella mattina le telefonate della giovane vittima si susseguono. “Tutte con tono minaccioso”, racconta il poliziotto, che alla fine si convince a consegnargli il denaro di presenza. Per evitare di perdere tempo alle Poste”. Quella mattina Gaetano Rampello aveva un impegno a a Raffadali.
Gaetano Rampello ha raccontato che il figlio appena lo ha visto, senza salutarlo, lo ha aggredito fisicamente girandogli il polso. Poi gli avrebbe intimato a dare 50 euro. Il padre gli ha risposto che avevo solo 45 euro e il ragazzo gli ha strappato il portafoglio, lo ha aperto intimandogli di andare a pagare un debito di 3 euro che aveva contratto con la rosticceria. Mentre Gabriele si incammina, il padre estrae la pistola ed esplode un primo colpo. Lo colpisce alle spalle e, una volta a terra, continua a sparare. “Ho perso il controllo”, dice, ammettendo di aver sì ucciso il figlio, ma di aver agito d’impeto e senza alcuna premeditazione, esasperato dai comportamenti aggressivi e dalle minacce di morte del figlio. L’ultima aggressione circa sei mesi fa: Vincenzo Gabriele lo avrebbe colpito con un pugno alla nuca. Ma in quell’occasione il padre non aveva presentato denuncia. Il gip di Agrigento scrive: “Ci sono elementi che consentono di escludere che l’uomo abbia agito d’impeto, colto dall’ira nel corso dell’ennesima violenta discussione avuta con il figlio affetto da disturbi psichiatrici”.