Operazione Equilibri tra Sicilia e Lazio, coinvolto ex presidente di Confcommercio

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Operazione Equilibri dei carabinieri in Sicilia e nel Lazio, disarticolato il clan “Fragalà”. I militari dell’Arma hanno eseguito  numerosi arresti e perquisizioni in provincia di Roma e Catania.

Sono stati i carabinieri del Ros, coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia di Roma, a colpire severamente il gruppo mafioso denominato clan”Fragalà”, sodalizio che operava nell’area metropolitana romana e in particolare nei comuni di Ardea, Pomezia e Torvajanica.

Il clan aveva determinato un pesante clima di intimidazione ai danni di commercianti e imprenditori locali, costretti a subire estorsioni attraverso attentanti dinamitardi e minacce. L’operazione Equilibri ha fatto emergere anche un consistente traffico di sostanze stupefacenti del tipo cocaina, marijuana e hashish, importate dalla Colombia e dalla Spagna grazie ad alleanze con gruppi camorristici e mafiosi.

Nel corso delle indagini, oltre a sequestri di partite di droga e armi da fuoco, è stato sventato un sequestro di persona, liberando l’ostaggio e arrestando gli 8 sequestratori; è stata rinvenuta e sequestrata una formula manoscritta di affiliazione mafiosa.

I reati contestati alle persone coinvolte nel blitz dei carabinieri sono di associazione a delinquere di tipo mafioso, aggravati dal metodo e dalle finalità mafiose, di estorsione, danneggiamento seguito da incendio, detenzione e porto abusivo di armi, traffico di stupefacenti, trasferimento fraudolento di valori e favoreggiamento personale.

L’operazione ha portato a 31 arresti (28 in carcere e 3 ai domiciliari). I provvedimenti sono frutto di indagini coordinate dalla Procura Distrettuale Antimafia della Capitale e del Ros, che tra il 2014 e il 2017, hanno svelato l’esistenza di un sodalizio mafioso, il cosiddetto clan Fragalà, composto prevalentemente da membri dell’omonimo nucleo familiare di origini catanesi, ma da anni trapiantato in provincia di Roma, la cui operatività criminale era estesa al quadrante sud dell’area metropolitana ed in particolare ai comuni di Pomezia, Torvaianica e Ardea.

Le indagini, basate anche dai riscontri alle dichiarazioni di un collaboratore di giustizia, hanno consentito di ricostruire l’organigramma del gruppo. Al vertice Alessandro Fragalà, 61 anni; poi il nipote Salvatore Fragalà, 41: e Santo D’Agata, 61 anni. Loro tre, secondo inquirenti, erano i soggetti con funzioni direttive, in costante contatto con gli ambienti mafiosi catanesi sia per la gestione dei traffici illeciti, sia per il reclutamento di manodopera criminale per lo svolgimento dei “lavori” in territorio laziale.

Un ruolo di rilievo – sottolineano gli investigatori – lo aveva anche Astrid Fragalà, 40enne ex presidente di Confcommercio di Pomezia, figlia di Alessandro, elemento di cerniera tra il padre e la vita pubblica pometina, con il compito di curare le relazioni e i contatti con esponenti delle professioni, della pubblica amministrazione e della politica locale, anche in ragione del suo percorso professionale e nell’associazionismo di categoria, finalizzati ad infiltrare e condizionare la vita politica e la pubblica amministrazione della città lungo la Pontina.

Altra figura di centrale importanza investigativa si è rivelata quella di uno storico pregiudicato di origini palermitane legato a cosa nostra, già uomo di fiducia a Roma del boss Pippo Calò, ovvero Francesco D’Agati, 83 anni, destinatario del provvedimento cautelare in esame per il reato di concorso esterno nell’associazione mafiosa facente capo al clan Fragalà.

D’Agati –  spiegano i carabinieri del Ros –  era pienamente inserito nelle dinamiche mafiose del territorio romano, dove risiede stabilmente da anni. Ritenuto capace di mantenere relazioni di elevato livello anche al di fuori degli ambienti criminali. D’Agati è emerso per autorevolezza e prestigio mafioso, intervenendo a tutela e in rappresentanza degli interessi del clan Fragalà nell’ambito delle controversie con altre organizzazioni criminali operanti nella capitale, fornendo così un importante contributo alla conservazione e al rafforzamento della gang criminale.

Relativamente alle attività illecite perpetrate dal gruppo, sono stati documentati: consistenti traffici di cocaina, marijuana e hashish, individuando i canali di approvvigionamento (Colombia e Spagna) e le relazioni funzionali allo sviluppo di tali interessi criminali. Con una componente del clan dei Casalesi, ad esempio. Nel corso del biennio 2014-2016, le due strutture mafiose sono arrivate a federarsi, elaborando obiettivi comuni e condividendo risorse economiche ed armi.

Nell’inchiesta del Ros ci sono poi anche soggetti riconducibili ai clan Santapaola e Cappello di Catania. Con diversi episodi estorsivi, attuati con metodo mafioso, nei confronti di imprenditori locali anche sotto forma di “recupero crediti”, nonché approvvigionamenti di armi clandestine e di materiali esplodenti per il compimento di attentati e danneggiamenti a scopo intimidatorio.

Le dinamiche associative, riguardanti i rapporti tra le diverse organizzazioni mafiose operanti nella Capitale, finalizzate a comporre i dissidi secondo un sistema condiviso di valori e principi mafiosi, in funzione di un comune interesse al mantenimento di rapporti pacifici per esigenze di autoconservazione.

Nel corso delle indagini è stato sventato, poche ore dopo, il sequestro di Ignazio Fragalà. Il fatto è avvenuto a Torvaianica il 03.03.2016 ed il movente era connesso ad una controversia sorta in merito al pagamento di una partita di stupefacenti tra il clan Fragalà ed esponenti del clan Cappello di Catania .