Palermo: disabili maltrattati e picchiati in un centro a Brancaccio, 3 arresti

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Tre operatori del centro per disabili mentali “Ben Haukal”, nel quartiere Brancaccio, a Palermo, sono stati arrestati per aver sistematicamente picchiato e maltrattato gli ospiti della struttura.

I carabinieri hanno eseguito nei loro confronti un’ordinanza cautelare di arresti domiciliari. Per altri due è scattato l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria e il divieto di avvicinamento ai luoghi abitualmente frequentati dalle persone offese. Il personale coinvolto in questa ennesima vicenda di violenza verso categorie fragili è accusato di maltrattamenti.

L’indagine, coordinata dai magistrati della Procura di Palermo, ha svelato che nel centro residenziale per disabili i pazienti venivano picchiati, sottoposti a continue punizioni fisiche e umiliazioni psicologiche. Le intercettazioni ambientali audio e video, effettuate 24 ore su 24 nella struttura, con la costante presenza a poca distanza di una pattuglia pronta a intervenire, hanno documentato azioni sconcertanti, ben lontane dalla mission del centro assistenziale.

Nelle immagini si vede un operatore che sbatte a terra un disabile seduto su una poltrona. E ancora un’altra operatrice che picchia un giovane che non voleva stare seduto, o un dipendente che lancia una sedia contro un ospite. In alcuni casi gli assistiti venivano strattonati, spinti sui divani o colpiti con schiaffi così forti da far loro sbattere la faccia contro il muro. Gli inquirenti, nel corso dell’indagine durata mesi, hanno assistito a un sistematico uso della violenza in una struttura che avrebbe dovuto rappresentare per gli ospiti un luogo di assistenza e cura.

Gli operatori della struttura “Ben Haukal” a Palermo, gestita dall’Aias, finiti ai domiciliari su provvedimento del gip del tribunale di Palermo Giuliano Castiglia sono i palermitani Salvatore Omezzoli, 48 anni; Salvatore D’Anna, 33 anni, e il bagherese Francesco Restivo, 61 anni. Per le palermitane Viviana Lombardo, 28 anni, e Anna Zora, 41 anni, il Gip ha disposto l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria e il divieto di avvicinamento ai luoghi abitualmente frequentati dalle persone offese.

L’inchiesta nasce da un esposto del presidente dell’Aias, Salvatore Nicitra. Alcuni psicologi della struttura gli avevano riferito di lesioni e traumi riscontrati in un assistito del centro. Nicitra, che da anni lavora per i disabili, con tanto di relazione, si è presentato dai militari per chiedere di fare luce su quanto accadeva nella struttura. Le telecamere installate dalle forze dell’ordine hanno mostrato una lunga serie di violenze e vessazioni psicologiche messe in atto dagli operatori che dovevano avere cura e assistere i pazienti.

“Te lo giuro me ne fotto della telecamera e ti riempio di botte”, gridava uno dei tre operatori del centro per disabili di Palermo finito agli arresti domiciliari per maltrattamenti. Le indagini dei carabinieri hanno svelato violenze di ogni genere. Gli indagati pestavano gli assistiti sotto gli “occhi” delle videocamere. Un gesto di disprezzo, come sottolinea il gip nell’ordinanza che ha disposto i domiciliari. Alcuni degli indagati sono accusati di non avere impedito, in diverse e numerosi occasioni, pur avendo l’obbligo giuridico di’ intervenire, che i pazienti compissero atti di autolesionismo.

I disabili, disperati, sbattevano la testa sul pavimento provocandosi escoriazioni e lesioni e nessuno di loro interveniva. Durante i turni i cinque indagati strattonavano i disabili facendogli sbattere la faccia al muro o colpendoli con un calcio per farli alzare dal letto. E poi insulti a raffica, “sei un porco”; “stai fermo” “qua devi stare”, “sei un vastaso maleducato”. E ancora: “Cosa inutile, cosa inutile, te ne devi andare perché le chiavi qua ti tiro. Oh vattene, lo sai che te li’ do, qua te li do stai attento pezzo di merda che sei”.

In un’occasione uno degli arrestati ha preso un bicchiere di plastica lo ha appoggiato sulla fronte di uno dei ragazzi disabili assistiti e lo ha colpito con uno schiaffo, schiacciandogli il bicchiere sulla fronte. “Una serie di condotte, scrive il gip, che ingeneravano nelle vittime un grave stato di paura e ti timore per la propria incolumità fisica unitamente a creare, anche tra i pazienti che assistevano alle violenze perpetrate in danno degli altri ospiti, un clima diffuso di sopraffazione, prevaricazione e vessazione che rendeva impossibile la prosecuzione della convivenza”.