Quindici anni fa Nassiriya, Marco Intravaia ricorda il papà caduto in Iraq

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Il 12 novembre di 15 anni fa l’attentato di Nassiriya nel quale morirono diciannove italiani: Enzo Fregosi, maresciallo dei carabinieri, Giovanni Cavallaro, maresciallo dei carabinieri, Alfonso Trincone, maresciallo dei carabinieri, Alfio Ragazzi, maresciallo dei carabinieri, Massimiliano Bruno, 40 anni, maresciallo dei carabinieri, Daniele Ghione, maresciallo dei carabinieri, Filippo Merlino, maresciallo maggiore dei carabinieri, Giuseppe Coletta, vice-brigadiere dei carabinieri, Ivan Ghitti, vice-brigadiere dei carabinieri, Domenico Intravaia, brigadiere dei carabinieri, Orazio Majorana, appuntato dei carabinieri, Andrea Filippa, appuntato dei carabinieri, Massimo Ficuciello, tenente dell’Esercito, Silvio Olla, aaresciallo dell’Esercito, Alessandro Carrisi,  caporale dell’Esercito,
Emanuele Ferraro, caporal maggiore dell’Esercito, Pietro Petrucci, caporal maggiore dell’Esercito, Marco Beci, funzionario della Cooperazione Internazionale, Stefano Rolla aiuto regista e volontario.

A parlare oggi è Marco Intravaia, figlio di Domenico, “Mimmo” per i colleghi, brigadiere dei carabinieri caduto nell’attacco terroristico.

“Sono stati anni duri, terribili, avvolti da un dolore immenso e costretti ad affrontare la vita nelle sue difficoltà. Mio padre ha pagato con la vita il suo amore per la Patria. Questo amore, che ha trasmesso anche a me, è il dono più prezioso che potesse lasciarmi” – dice Marco Intravaia.

“Mio padre ha servito umilmente il Paese – aggiunge – fino all’ultimo giorno pur sapendo dei gravi rischi per la sua vita, consapevole che da un momento all’altro sarebbe potuto morire. Lo ha fatto senza nessuna esitazione, rimanendo fedele al giuramento prestato alla Repubblica; con orgoglio, quello stesso orgoglio con il quale aveva deciso di arruolarsi ed indossare una divisa, di difendere la nostra Nazione dalla piaga del terrorismo. Mi ha lasciato un’eredità morale pesante: mi ha insegnato che se si vogliono cambiare le cose si deve avere il coraggio dell’impegno in prima persona – osserva – Io ho voluto seguire questo insegnamento e spero di fare la mia parte per contribuire al cambiamento. Nassiriya ha segnato il destino non solo della mia famiglia ma anche quello del Paese”.