Le prime luci dell’alba fanno capolino tra le tombe dell’antico camposanto di Via del Mare. Disegnano tra le lapidi sublimatici ricami. Gli operai sono già al lavoro, ed oggi ce ne sarà davvero tanto. I “campi 31” e poi anche il “47” dovranno essere eliminati e quindi si dovrà procedere alle prime estumulazioni.
In direzione c’è fermento e lo si comprende quando il responsabile chiama a rapporto gli addetti alle procedure per consegnare la lista di quei corpi che dovranno essere riesumati e custoditi, d’ora in poi, in piccole cassette.
«Signor Passalacqua – esordisce il dottor Luciano Bellanca – oggi abbiamo un grosso lavoro da fare. Dalle carte che mi sono pervenute dal Comune dobbiamo procedere allo spurgo di sette tombe gentilizie. Ecco l’elenco: La Monica Gaetano (1952), Cusimano Gabriele (1949), Fabrizio Re (1948), Sunseri Antonina (1951), Di Carlo Giuseppina (1953), Passafiume Rosalia (1948) e Caleca Salvatore (1950). Mi raccomando, stiamo attenti alle operazioni perché sarà presente una delegazione di parenti».
Alle otto in punto cominciano a sfilare i familiari. Si inizia con la tomba occupata dal 1952 da Gaetano La Monica. «Siete parenti del morto? – esordisce Passalacqua. State qui accanto, l’operazione non sarà complessa. Avete la delega?».
I due operai addetti all’operazione iniziano con un piede di porco a scalfire un angolo della lapide sotto lo sguardo attento del signor Passalacqua e degli altri presenti all’operazione. «State attenti – la foto non dev’essere danneggiata – esordisce – ricordiamoci che dovrà essere consegnata ai familiari, se la vorranno».
Ecco, intanto che uno degli operai dopo avere aperto il loculo a colpi di piccone si trova di fronte l’antica bara. E’ nera intarsiata, e malgrado il tempo trascorso, non e piena di polvere e terra. Un altro operaio ha azionato l’argano in modo da far scorrere dal piano superiore la bara che sarà poi adagiata su “cavalletti” per l’apertura.
«Signori – rileva Passalacqua rivolgendosi ai familiari – adesso procediamo con l’apertura. A volte certe scene non sono consigliabili. Siete pronti?».
Ed ecco, pian piano un altro addetto alle operazioni, aiutandosi con lo stesso piede di porco scardina il coperchio della bara. Colpo di scena. Il corpo non è ancora, malgrado il tempo, mineralizzato del tutto. Occorrerà procedere al cambio di cassa e di conseguenza alla inumazione nello stesso loculo appena aperto.
La giornata, intanto trascorre con l’apertura delle altre tombe, quando all’improvviso, al cospetto del signor Passalacqua si sono presentati i familiari dei defunti Rosalia Passafiume e Gabriele Cusimano, moglie e marito rispettivamente deceduti nel 1948 e nel 1949. «Siamo pronti a procedere – sottolinea il capo squadra rivolgendosi ai nipoti della coppia – prima procediamo con la signora e poi col marito. Ci metteremo almeno più di una mezz’ora di lavoro».
Il rito si ripete, quasi ritmato come sempre. Prima la lapide di marmo rimossa senza romperla e poi fuori dal loculo la bara ricoperta da un forte strato, stavolta, di polvere e terra. Non è in buone condizioni come le precedenti. C’è un angolo della cassa ormai quasi scomparso e logorato dal lungo tempo. Una volta sul “cavalletto” si procede all’apertura. Un mucchietto di ossa mischiate con i tessuti che si sono decomposti col tempo.
«Signor Cusimano – dice Passalacqua – possiamo andare avanti con la ricomposizione delle ossa lunghe e del teschio? Conserveremo tutto all’interno dell’apposita urna di zinco. Guardi, abbiamo trovato pure un piatto di porcellana. E’ suo, se vuole custodirlo. E’ appartenuto alla zia. E’ servito per poggiare il capo per tenerlo fermo in occasione dell’inumazione».
Stesso piatto è stato poi trovato anche nella bara di Gabriele Cusimano e il capo degli operai, come se fosse una formula da recitare ogni qualvolta ai familiari ripete che «il piatto, se vuole è suo. E’ appartenuto al suo parente».
I nipoti dei due defunti si sono guardati in viso, increduli, ed uno di loro, quasi timidamente: «Se noi non li volessimo, che fine faranno? Possono essere custoditi nelle piccole cassette con le poche ossa?». Ed il signor Passalacqua, senza farselo ripetere due volte: «Non preoccupatevi. Se questi piatti di porcellana non vi servono saprò io cosa farne. D’altronde ormai posseggo una corposa collezione. Sapete?».
Come? Una collezione di piatti di… morti? Il macabro non conosce confine si potrebbe sottolineare in questo caso. Infatti, in uno dei magazzini del cimitero il signor Passalacqua che, coordina ormai da oltre quarant’anni le operazione di seppellimento e di riesumazione, ha rigorosamente collezionato oltre 3000 piatti di porcellana. Naturalmente… immortali.
E se ne vanta come se custodisse gelosamente una collezione di francobolli, di soldatini di piombo o di figurine Panini. «Non scandalizzatevi, nel tempo ormai ho perso il conto. Coloro i quali non vogliono portarli via, per ricordo, ai piatti dei loro defunti ci penso io. Li lavo sempre accuratamente e vengono successivamente custoditi in magazzino. Forse un giorno… Un giorno non troppo lontano se la direzione del cimitero me lo consentirà ne farò una esposizione. Una mostra permanente».
Vi immaginate la locandina? Giorno 2 novembre, dell’anno… al cimitero di Via del Mare, s’inaugura la mostra dei “Piatti… immortali”. Visita guidata nel repertorio funerario del tempo che… fu!