La sezione misure di prevenzione del tribunale di Palermo ha restituito quasi tutti i beni sequestrati tra il 2013 e il 2014 ai figli degli imprenditori Cavallotti di Belmonte Mezzagno, nel palermitano.
Pur essendo stati i genitori – Vincenzo, Gaetano e Salvatore Vito – già sottoposti a misure personali e considerati “socialmente pericolosi”, il collegio presieduto da Raffaele Malizia, a latere Giovanni Francolini e la relatrice Ettorina Contino, ha ritenuto che non si possa ricondurre ai tre uomini la titolarità di imprese come la Tecno Met srl, la Energy Clima Service, la 3C Costruzioni srl, la Eureka Cm srl, la Sicoged srl, la Vmg Costruzioni e servizi, la Prori Son, la ditta individuale Cavallotti Salvatore Vito, più una serie di terreni che si trovano per la maggior parte a Milazzo. Confiscata invece l’Immobiliare Santa Teresa srl.
I giudici in sostanza hanno ritenuto, basandosi su una perizia, che i figli, pur avendo intrapreso le attività aziendali molto giovani (a metà dello scorso decennio avevano tutti intorno a 25 anni), avrebbero avuto risorse proprie per avviarle e che dunque i fondi non fossero dei loro padri, considerati contigui ai boss e in particolare a Bernardo Provenzano.
Vincenzo, Gaetano e Salvatore Vito Cavallotti si sarebbero interessati del lavoro dei figli solo in quanto capocantieri ed esperti della materia, mentre a trattare su prezzi e fatturazioni degli acquisti sarebbero stati i figli.
In un processo celebrato a Termini Imerese, nel 2017 alcuni dei Cavallotti erano stati processati per fittizia intestazione di beni, ottenendo il proscioglimento per prescrizione, con una sentenza oggi definitiva. La vicenda delle misure di prevenzione si era intrecciata con il caso Saguto e con le pesanti polemiche sollevate dai Cavallotti circa la presunta pretestuosità del sequestro da loro subito, diretto – secondo la tesi difensiva – unicamente a depauperare le società, per alimentare il “sistema” voluto dalla ex presidente delle misure di prevenzione, oggi radiata dalla magistratura. (AGI)