Il braccio di ferro tra Antonio Fiumefreddo, amministratore di Riscossione Sicilia, e i deputati dell’Assemblea regionale siciliana dura ormai da qualche mese. Una storia tutta siciliana, fatta di denunce, di picche e ripicche, di dispetti e di rancori (forse anche personali), ma anche di piccole e grandi vendette.
Come quella che si è consumata all’Ars mercoledì scorso con la definitiva determinazione dell’Aula, che ha deciso con un voto, di liquidare Riscossione Sicilia, che vede al vertice proprio Fiumefreddo, ma di rimuovere immediatamente proprio lo stesso avvocato catanese che era andato all’Arena di Giletti per sbugiardare i diversi deputati debitori nei confronti della società che riscuote le tasse in Sicilia. Che adesso gli hanno fatto pagare il conto.
L’ultima – ma non è detto che sia l’ultima – puntata si è consumata stamattina. “Ho presentato un esposto-denuncia al procuratore di Palermo, Francesco Lo Voi, chiedendo l’acquisizione del verbale e della documentazione relativi alla votazione tenutasi all’Ars nella seduta del 9 agosto scorso, con cui si è votata la liquidazione di Riscossione Sicilia e la mia immediata decadenza come amministratore unico della partecipata regionale”. Lo afferma Antonio Fiumefreddo, ad di Riscossione Sicilia, dopo che due giorni fa l’Ars ha approvato una norma in cui si avvia la liquidazione della società e si fa saltare l’ad.
“Ho chiesto, in particolare – spiega Fiumefreddo – che si accerti se non si sia consumato il delitto di falso atteso che alla votazione risultino presenti 61 deputati, ma dalla sommatoria dei voti contrari, di quelli favorevoli e degli astenuti, emerge che siano stati espressi 51 voti. Mancano 10 voti all’appello. Com’è possibile che il presidente Ardizzone, chiamato ad assicurare la regolarità dei lavori d’aula, non si sia accorto di nulla. La circostanza – secondo Fiumefreddo – inficia gravemente il voto ed inquieta per ciò che potrebbe celare”.
“Intendo andare fino in fondo – annuncia – e perciò ho scritto anche al ministro dell’Interno perché, giusti i poteri che la legge gli assegna, vigili se in Sicilia non si sia consumata, nella fretta di consumare una vendetta, una condotta gravemente lesiva dei principi costituzionali che regolano il funzionamento dell’Ente. Ho scritto anche al Presidente Crocetta perché impugni la legge, chiaramente sprovvista dei criteri di astrattezza delle leggi,e anche ai sensi dell’art. 127 della Costituzione essendo in presenza di una legge diretta contro un cittadino limitato nelle sue libertà costituzionali”.
Antonio Fiumefreddo annuncia il suo addio alla guida di Riscossione Sicilia. Dopo settimane di polemiche infuocate, con tanto di apparizione tv all’Arena di Giletti, l’avvocato catanese getta la spugna. Le sue dimissioni non sono ancora formalizzate ma sono state annunciate a voce al Governatore Rosario Crocetta.
“La mia permanenza a Riscossione Sicilia è incompatibile con questa gente qua – si sfoga con l’Adnkronos – Più ci ragiono e più ritengo che non ci siano le condizioni per restare. Sono preoccupato sia per me ma soprattutto per le settecento famiglie che lavorano a Riscossione Sicilia”. Crocetta lo ha invitato a restare. “Il suo sostegno c’è stato – dice Fiumefreddo – ma io mi aspettavo qualche parola forte dal Parlamento che non è arrivata. Anzi, al contrario”.
Fiumefreddo si riferisce all’infuocata riunione della Commissione Bilancio nel corso della quale aveva attaccato alcuni componenti della stessa Commissione. E, alla fine, sostiene di essere stato “buttato fuori” dalla Commissione. “Io non ho le caratteristiche per restare con questa gente qua. C’è gente indagata per vari tipi di reati – dice ancora – Non si rendono conto che i siciliani li manderanno via a calci nel sedere, perché loro ispirano solo gesti di violenza e che la gente potrà esprimere solo con il voto. Li cacceranno via con l’infamia ma loro non se ne rendono conto perché si credono i padroni del palazzo”.
Lo aveva detto già ieri Antonio Fiumefreddo in modo chiaro e senza giri di parole: “Il voto segreto come il passamontagna, per consumare una vendetta pianificata da tempo. Un agguato voluto per punire chi ha osato fargli notare che la legge si applica anche a loro. Lascio Riscossione in attivo, avendola risanata dopo ventuno anni di perdite ed avendo dimostrato che non ci sono santuari da proteggere. L’Ars ha varato una legge contra personam, una fatwa, avrebbero potuto semplicemente scrivere: Fiumefreddo deve andar via. Naturalmente, è enorme il danno arrecato ai siciliani che regaleranno a Roma circa 1 miliardo di euro l’anno. Il Palazzo è abitato da marziani, nemici dei cittadini, che cercano solo camerieri. Ho cercato di servire la mia terra con onestà e continuerò a farlo non rinunciando a lottare un sistema violento ed inadeguato”, aveva detto giovedì l’amministratore di Riscossione Sicilia.
Era soltanto lo scorso aprile quando era arrivato il via libera della commissione Bilancio dell’Ars all’emendamento che prevedeva la liquidazione della partecipata regionale e già Fiumefreddo era andato su tutte le furie scrivendo su Facebook parole pesanti: “Una classe politica impresentabile e violenta. Mandiamoli a casa, anzi in galera”. Cosa succederà adesso? In presenza di una legge varata dall’Assemblea regionale siciliana Fiumefreddo deve lasciare e Riscossione Sicilia si avvia alla liquidazione, ma resta l’incognita dei dipendenti della società regionale.