Sanità e veleni, dossier, ricatti e minacce per ottenere incarichi in Regione

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corruzione nella sanità

La sanità dei veleni, ricatti, dossier e minacce più o meno velate dietro la rete di corruzione smantellata oggi con l’operazione “Sorella sanità” della Guardia di finanza.

Le modalità delle nomine nel settore vengono ricostruite nell’inchiesta delle Fiamme gialle in modo chiarissimo. Nell’ordinanza del gip Claudia Rosini si parla chiaramente di spregiudicatezza e pressioni per ottenere incarichi.

Nelle conversazioni intercettate tra gli indagati di legalità non ce n’è neppure il minimo accenno. “Particolare menzione – scrive il Gip – merita la conversazione del 18 novembre del 2018 intercorsa a casa di un livoroso Candela, con il fidato Taibbi ed un altro soggetto, nella quale il primo, ritrovatosi a sorpresa privo di incarichi per essere stata nominata al suo posto il proprio il 18 novembre Daniela Faraoni, parlava con disprezzo del presidente della Regione siciliana, dell’assessore alla Salute Ruggero Razza (il “bambino” come definito da Taibbi che il presidente Musumeci avrebbe dovuto levare “dai coglioni” per fare assessore appunto Candela), del “ladro” Vincenzo Barone “messo lì dentro”, del Damiani che “c’ha duemila cazzi che a sto punto vale la pena metterli nero su bianco”, di Alessandro Caltagirone, di “questo” Lanza in quota di Stancanelli” (senatore della Repubblica), e dei veri e propri “dossier” ricattatori che il Taibbi diceva di avere confezionato o di essere pronto a confezionare con tanto di “foto satellitari” delle “porcate” fatte da ognuno – si legge nell’ordinanza del gip – per mettere alle strette lo stesso Musumeci ed altri al fine di fare ottenere al Candela i prestigiosi incarichi cui, a loro avviso, doveva essere destinato.

Candela è stato poi nominato coordinatore della Struttura Sanitaria di Supporto della Regione siciliana per l’emergenza Covid 19. “Candela parlando con Taibbi – si legge ancora nell’ordinanza – illustrava nello stesso dialogo, mirabilmente, il meccanismo delle nomine negli apparati della Sanità della Regione, per cui prevale “la logica di fare affari e politica per loro”, e quando qualcuno “cade in difficoltà si chiama lo scagnozzo e dice “guarda dimettiti”, a qualcuno dei suoi, dice “dimettiti perché qua sta succedendo un problema e io non posso pagare la panella”, perché a quel punto la necessità fa virtù, dice “non mi rompete i cazzi, tu ti devi dimettere, mi serve il posto libero, così funziona”.