Caso Arata, il “re dell’eolico” Vito Nicastri sta collaborando con i magistrati di Palermo che lo hanno indagato per corruzione, riciclaggio e fittizia intestazione di beni.
L’imprenditore, ritenuto un fiancheggiatore del boss latitante Matteo Messina Denaro, protagonista della vicenda Arata-Siri, racconta ai magistrati di una tangente da mezzo milione di euro, 100 mila dei quali già versati, da dividere tra i funzionari regionali coinvolti nella vicenda delle autorizzazioni connesse al varo di nuovi impianti eolici.
Grazie alle sua rivelazioni gli investigatori hanno chiuso il cerchio e arrestato due persone coinvolte nell’inchiesta sul giro di mazzette che avrebbe riguardato l’assessorato regionale siciliano all’Energia. Ai domiciliari sono finiti il funzionario regionale Giacomo Causarano, già indagato a piede libero, e l’imprenditore lombardo Antonello Barbieri.
La vera svolta dell’inchiesta, che coinvolge anche il faccendiere Paolo Arata e l’ex sottosegretario leghista alle Infrastrutture Armando Siri (costretto alle dimissioni perché indagato a causa di una presunta mazzetta da 30 mila euro, in una parte stralciata e inviata a Roma) è la collaborazione di Vito Nicastri, ritenuto in questa fase molto attendibile da chi indaga.
I riscontri alle sue dichiarazioni sono stati individuati in intercettazioni e atti amministrativi già sequestrati dagli investigatori, su ordine della Dda di Palermo, tanto che il Gip Guglielmo Nicastro ha esteso a Causarano e Barbieri le misure cautelari già emesse il 12 giugno, quando erano finiti in carcere Nicastri, Arata e i rispettivi figli, Manlio e Francesco Paolo, mentre ai domiciliari era andato Alberto Tinnirello, dirigente del Servizio III dell’assessorato Energia e superiore di Causarano.
Quest’ultimo era accusato di avere ricevuto una tangente da 11 mila euro, giustificata con una prestazione professionale resa dal figlio, versata per dare informazioni sullo stato delle pratiche riguardanti le concessioni di impianti di produzione di energie rinnovabili. Briciole, secondo quanto sta venendo fuori adesso, con 500 mila euro di tangente promessa e centomila già consegnati ai funzionari coinvolti.
Barbieri, che aveva lavorato con Nicastri e poi aveva deciso di staccarsi da lui, proprio per le vicende di mafia che lo avevano reso un partner scomodo, è indagato per intestazione fittizia, autoriciclaggio e corruzione. Per costruire, con l’azienda Sun Power l’impianto fotovoltaico di Melilli e Carlentini, in provincia di Siracusa, l’imprenditore avrebbe cercato di agire in proprio, attraverso propri “sponsor politici”, di cui si parlava già nell’ordinanza di arresto del 12 giugno di Arata, Nicastri e degli altri tre.
Nonostante le protezioni, Causarano si mise di traverso in assessorato e impose a Barbieri di sottostare a lungaggini burocratiche.